Torna Matteo Renzi e sceglie l’assemblea degli amministratori locali, “spina dorsale del Pd”, per segnare la ripartenza. Non spinge l’acceleratore sul voto anticipato il segretario dem, ma disegna il campo di gioco su cui “prima o poi” ci si andrà a misurare: una partita a tre tra l’area di destra, i 5 Stelle con il “pregiudicato spregiudicato” Grillo e il Pd. E l’unico modo per “evitare il caos” di un quadro così frammentato – e le larghe intese – è “arrivare al 40 per cento. Possiamo farlo noi, possono farlo gli altri. Noi ci siamo arrivati alle europee ed è stata una grande vittoria e pure al referendum ed è stata una grande sconfitta. Comunque sia, al 40% ci siamo abituati…”.
Prima del referendum “erano preoccupati dell’uomo solo al comando”, ora “temono le larghe intese. Mettetevi d’accordo. O si ha paura dell’uomo solo al comando o delle larghe intese, di tutti e due non è possibile”. Sul voto del 4 dicembre aggiunge: “Fa male perdere battaglie. Fa male il livido e fa male anche la botta”. E rivendica: “Non ricordo le dimissioni di Berlusconi dopo la sconfitta al referendum costituzionale e Beppe Grillo dopo le europee se l’è cavata con un Maalox…”.
In platea ad ascoltare il segretario ci sono Roberto Speranza e Nico Stumpo, in arrivo da Roma dove hanno partecipato all’assemblea di Massimo D’Alema che oggi ha messo in campo l’embrione di una nuova formazione a sinistra del Pd. Renzi snobba dichiaratamente la provocazione di D’Alema. “Ai giornalisti che si attendono che noi ora replichiamo a quello che si è detto in un’altra assemblea, dico: peccato, vi è andata male”. Non è D’Alema l’avversario: “L’avversario politico di questa comunità non è chi cerca di fare polemica nella nostra area, ma chi cerca di giocare le carte della superficialità e della paura”. Una paura che, dice Renzi, il Pd non si rassegna ad arginare “copiando il populismo” ma “fornendo delle proposte”. Perché il punto, sottolinea il segretario del Pd, è quello di contrapporre la proposta “alla rabbia” per un’Italia che non sia di serie B, “vaso di coccio” in un’Europa che “anziché ragionare e riflettere dei massimi sistemi e domandarsi dei massimi sistemi, fa le letterine sullo 0,2. Un prefisso per chi chiama da fuori Milano…’.
“Il punto – dice Renzi – non è il giorno delle elezioni, se votiamo con la legge della Consulta o la legge x o y. Questi sono specchietti per le allodole. La questione reale è che il mondo cambia a un ritmo talmente impressionante che o il Pd prova a giocare un ruolo di proposta o stiamo diventando il luogo in cui qualcuno fa un servizio per un certo periodo, pensa al proprio io e l’Italia gioca una partita di serie B”.
Renzi non spinge sul voto anticipato. Non si addentra su quale legge elettorale o quali eventuali alleanze. Sono i dirigenti dem a delineare una tabella di marcia che, si conferma, vede due opzioni sul tavolo: Mattarellum o voto con le leggi uscite dalla Consulta. Se ne parlerà in Direzione il 13 febbraio. Quando dovrebbero essere uscite le motivazioni della sentenza della Consulta. Renzi dedica l’assemblea di Rimini a una giovane vittima di Rigopiano: “La comunità del Pd non può non rivolgere un pensiero a tutte le popolazioni colpite dal terremoto, dalla tragedia della slavina e dalle difficoltà del maltempo e vorrei che dedicassimo la nostra assemblea a una delle vittime di Rigopiano, Jessica, una giovane democratica. Quando ho chiamato suo padre Mario mi ha detto una cosa che mi ha fatto venire i brividi: ‘abbiamo persa una figlia che credeva al cambiamento di questo Paese'”. “L’Italia è un bene così prezioso che bisogna aver la vertigine quando lo si serve – sottolinea – Non c’è dubbio che si può sempre fare meglio, ma che squallore quando un minuto dopo la tragedia di Rigopiano si è cercato di gettare fango sulla Protezione civile e sui volontari che salvavano vite. Io non riuscivo a smettere di piangere vedendo i bambini salvati dai soccorritori”. (Adnkronos)