“Altro che Nobel, Barack Obama dovrebbe essere processato”

Il vero tallone d’Achille del primo presidente afro-americano della storia americana è stata la politica estera. Dove, secondo Alberto Negri, inviato di guerra del Sole 24 Ore, ha compiuto un «disastro» dopo l’altro.

Obama

Il primo obiettivo di Obama, dettaglia Negri, era «sistemare l’Afghanistan»: con una media di 70 morti al giorno nel 2016, il 2,2 per cento di territori perso dal governo a favore dei talebani e la necessità di inviare di nuovo i marines sul terreno per la prima volta dal ritiro delle truppe Usa nel 2014, «è evidente a tutti che la situazione è ancora instabile e preoccupante». Il secondo obiettivo era stabilizzare l’Iraq: «C’è poco da dire. Obama ha permesso al governo sciita iracheno di emarginare i sunniti, facendo scoppiare una nuova guerra, ha assistito senza fare niente alla nascita dello Stato islamico, che ha conquistato il 40 per cento del paese, costringendo gli americani a tornare di nuovo a Baghdad».

Per quanto riguarda le primavere arabe, «uno dei calcoli più errati degli Stati Uniti», Obama ha puntato «tutto sui Fratelli Musulmani, rivelandosi un grandissimo oratore ma un pessimo politico». Soprattutto ha benedetto «un intervento franco-inglese in Libia, senza avere un’alternativa a Gheddafi, ripetendo così gli stessi errori di Bush. Con una differenza: questa volta nei guai per i profughi ci siamo finiti noi». E si arriva alla Siria, «il vero capolavoro» della coppia Obama-Clinton: «Prima hanno cercato di abbattere Assad, seguendo i desiderata dell’alleato saudita e della Turchia, poi quando sono stati avvertiti che bombardando Damasco avrebbero spianato la strada a tutti i jihadisti del Medio Oriente», si sono tirati indietro, «restando a guardare mentre il Califfato si espandeva a macchia d’olio».

Così hanno anche «lasciato un’autostrada all’intervento del loro grande nemico Putin, che si è rafforzato conquistando basi che prima non aveva». Tutta la guerra alla Russia è stata dettata dalla necessità di «impedire che si alleasse con l’Europa, trasformando l’Unione Europea in una potenza». La ciliegina sulla torta di questa politica è stata la destabilizzazione dell’Ucraina, un paese che sopravviveva solo perché «non pagava la bolletta del gas a Gazprom», per strapparla all’influenza russa. «Insomma, ci stiamo aggirando tra le macerie di un disastro».

Ci sono però anche dei «sottodisastri» per l’inviato di guerra: «A Obama va riconosciuto di avere ucciso Osama Bin Laden, però alla fine ha rafforzato il terrorismo jihadista continuando a scegliersi male i partner nella regione. Alleandosi con i sauditi, e firmando a loro favore il più grande contratto di vendita di armi della storia, gli Usa hanno sostenuto la loro guerra in Yemen, che non solo ha distrutto un paese ma anche rafforzato Al-Qaeda, usata come arma contro gli houthi sciiti. Anche in Siria gli Stati Uniti hanno finito per appoggiare ad Aleppo la fazione siriana di Al-Qaeda contro Assad (Al-Nusra). Risultato? Il terrorismo non solo non si è indebolito, ma è arrivato pure in Europa. Complimenti».

L’accordo con l’Iran potrebbe anche essere definito positivo, «ma nei fatti non è mai stato implementato». E per quanto riguarda il disgelo con Cuba, Negri lo relega a una battuta: «Mentre era all’Avana Obama guardava in televisione la situazione degli attentati a Bruxelles. Cuba è ormai un simbolo marginale buono solo per la sua immagine». In sintesi, «Obama aveva promesso di rimediare agli errori di Bush in Afghanistan e in Iraq, e ha fallito, in Siria e Libia ha compiuto un disastro, l’accordo con l’Iran non è mai stato implementato, in Siria è uscito sconfitto e ha determinato il ritorno alla grande della Russia in Medio Oriente. Ha cercato di arginare la Cina, ma senza riuscirci». Una tragedia, insomma, con un corollario: «Con le sue scelte errate Obama non ha destabilizzato solo il Medio Oriente, ma anche l’Europa. Per colpa sua sono affluiti sulle nostre coste milioni di profughi e il terrorismo jihadista ha messo le radici anche da noi. Altro che Nobel, bisognerebbe processarlo in tribunale».

(dal settimanale Tempi)