Migranti cristiani uccisi durante la traversata, processo a Palermo

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“In fondo, i migranti lo sanno che quando si imbarcano non vanno a fare una crociera e che una quota di loro è destinata a morire…”. Sono le parole pronunciate oggi dal difensore di uno dei quindici imputati nel processo per omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso che si celebra davanti alla Corte d’assise di Palermo per il naufragio avvenuto nell’aprile del 2015 fa nel Canale di Sicilia. Sono quattordici gli imputati accusati di nove omicidi. E uno di essere lo scafista.

Secondo le testimonianze raccolte dalla Procura di Palermo, i nove profughi sarebbero stati barbaramente assassinati durante la traversata tra la Libia e la Sicilia perché di religione cattolica. Sembra che le vittime si siano rifiutate di pregare per Allah, come avrebbero preteso gli scafisti. Per il presunto scafista i sostituti procuratori Renza Cescon, Claudio Camilleri e Marina Ingoglia, che coordinano l’inchiesta, hanno chiesto una condanna a 15 anni di reclusione. Mentre per tutti gli altri la pena dell’ergastolo.

Per la difesa, non si sarebbe trattato di omicidio ma di una “fatalità”. Il gommone su cui viaggiavano i migranti avrebbe iniziato ad imbarcare acqua, perché forata e diverse persone sarebbero cadute in mare. Ma per l’accusa questa ipotesi non reggerebbe. “Queste persone vengono trattate dallo Stato italiano come dei numeri, non come i ragazzi che in realtà sono”, hanno detto oggi i difensori degli imputati nel corso delle arringhe difensive.

Furono 95 i migranti sopravvissuti al naufragio. Alcuni di loro raccontarono che un gruppo di musulmani che era a bordo avrebbe gettato in mare dei cattolici che si sarebbero rifiutati di pregare Allah. Nell’aprile del 2015, il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva firmato la richiesta di arresto per i quindici immigrati. L’intervento di Orlando si era reso necessario, come prevede la legge, perché i fatti sono accaduti in acque internazionali. Era stato il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, a inoltrare la richiesta di arresto al ministro, che in poche ore ha firmato la richiesta di procedimento, come previsto dall’articolo 10 del Codice penale. ADNKRONOS