“La grande sfida è dare vita a un nuovo riformismo. Della sinistra, ma anche di centro e di destra. È il momento di elaborare nuove idee. E di farlo in una cornice di necessarie intese internazionali. I cambiamenti nei processi storici si fanno quando la gente comincia a sentire profondamente la necessità del cambiamento. Come oggi. Non possiamo continuare con la polarizzazione che abbiamo, altrimenti alla fine ci sarà la rivolta”.
Lo afferma l’ex presidente del Consiglio e della Commissione Ue Romano Prodi, in una intervista ad ‘Avvenire’.”Purtroppo – aggiunge Prodi – debbo ammettere che la disparità nella distribuzione della ricchezza è aumentata sia sotto Clinton che sotto Blair. Non ci si è saputi opporre a questa deriva. Lo spostamento al centro era per loro necessario per vincere le elezioni ma, successivamente, quello che era rimasto del programma riformista ha ceduto il campo a decisioni sostanzialmente in linea con gli andamenti precedenti. Ora che il divario è diventato insostenibile, esso sta travolgendo sia la destra che la sinistra”.
Nell’intervista Prodi esclude un suo ritorno in campo e spiega il senso della visita che ha fatto due giorni fa al premier Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi: “Abbiamo semplicemente fatto una buona conversazione, sull’Europa e la politica estera. Per esperienza so che non si danno mai consigli a un primo ministro. Ci siamo acculturati a vicenda”.Nel giorno dell’insediamento di Donald Trump, Prodi dice di guardare al nuovo presidente Usa con “preoccupazione curiosa. Finora ha fatto ampio uso di slogan, esasperati perfino nel discorso inaugurale. Ma più mi preoccupa l’assenza totale di una risposta unitaria e il lassismo dell’Europa, non vedo nessuno che avverta l’esigenza di un vertice straordinario o qualcosa del genere”.
Proprio per quanto riguarda l’Ue, Prodi sottolinea che “quando è stato fatto l’euro era chiaro a tutti che sarebbero seguite le necessarie decisioni nel campo economico e finanziario. La crisi economica ha generato paure davanti a cui la risposta migliore è sembrata essere il ritornare agli egoismi nazionali. I veri leader guardano avanti, però, non indietro”. Il ‘padre’ dell’Ulivo però non è “del tutto” pessimista “perché quando si arriva sull’orlo del burrone, la gente capisce e fa un passo indietro”. (askanews)