Il festival di Sanremo e i suoi segreti…

Riccardo Mandelli e Romano Lupi
Il libro nero del Festival di San Remo
Casa editrice Odoya

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La storia del Festival di Sanremo non è scritta soltanto dalla “grande evasione” di tv, sorrisi e canzoni. E tantomeno da quello che, davanti agli occhi di tutti, accade sul palcoscenico. Esiste, infatti, una storia segreta che attraversa tutto il dopoguerra italiano e le cui premesse nascono da una sorta di “progetto Sanremo” ideato alla fine dell’Ottocento: un “paradiso terrestre massonico” dove il gioco d’azzardo è il termine medio tra spionaggio internazionale e grandi giochi politici. Il Festival è l’ultima tappa di un percorso dove la manipolazione sociale assume i morbidi e insinuanti contorni della musica nazional-popolare. Il legame con il casinò è molto forte. Non è un caso che la più importante kermesse canora del nostro paese sia nata e si sia sviluppata in stretto collegamento con una delle quattro case da gioco italiane, tra i rapporti indicibili delle istituzioni con la criminalità organizzata, i servizi segreti e l’industria discografica. Gli scandali emersi nel corso degli anni presentano risvolti molto più inquietanti rispetto a quello che ci si potrebbe aspettare. Dalle ambigue figure dei primi “patron” festivalieri come Pier Bussetti, Achille Cajafa ed Ezio Radaelli, con i loro tragici destini, alla misteriosa morte di Luigi Tenco; dal ruolo del Vaticano nell’industria del gioco e dell’intrattenimento ai Festival truccati; dalle tangenti di Adriano Aragozzini fino alle polemiche sulle amicizie in odore di mafia del direttore artistico Tony Renis. La storia d’Italia non è mai banale ed è sempre capace di stupire, anche quando “sono solo canzonette”.

Romano Lupi, nato a Sanremo, è giornalista pubblicista dal 2005 e scrittore. Ha al suo attivo diverse collaborazioni con giornali e riviste culturali. Tra i suoi libri: Sanremando tra cronaca e storia (con Franco D’Imporzano), Futbolstrojka-Il calcio sovietico negli anni della Perestrojka (con Mario Alessandro Curletto), Il calcio sotto le bombe-Storia del Liguria nel campionato di guerra del ’44, Jašin-Vita di un portiere (con Mario Alessandro Curletto). Per Odoya ha già pubblicato Vittò-Giuseppe Vittorio Guglielmo.
Riccardo Mandelli è storico e scrittore. Tra i suoi saggi ricordiamo: L’ultimo sultano-Come l’Impero ottomano morì a Sanremo, Al casinò con Mussolini-Gioco d’azzardo, massoneria ed esoterismo intorno all’ombra di Matteotti, Decreti sporchi-La lobby del gioco d’azzardo e il delitto Matteotti. Per Odoya ha già pubblicato Le case del destino-Uomini, fatti e segreti dell’industria del gioco d’azzardo in Italia dalla fine dell’Ottocento a oggi.


INTERVISTA A RICCARDO MANDELLI E ROMANI LUPI, MERCOLEDI’ 11 GENNAIO 2017 (a cura di Luca Balduzzi)

Quante cose sono state nascoste, nel corso degli anni, dietro al Festival della canzone più longevo della storia del nostro Paese? Continua a essere così anche oggi, sotto diverse forme?
Più che quali “cose sono state nascoste” è stato difficile far emergere nel nostro lavoro il piano complessivo, il progetto generale del Festival. La capacità di manipolazione dei costumi, dei pensieri, delle abitudini e dei comportamenti, che, sicuramente, è durata qualche decennio, ma oggi deve convivere con altre modalità, molto più potenti, che ne hanno ridotto la portata. Il vero mistero nascosto non è soltanto il Festival ma anche la città di Sanremo con la sua periferica tentacolarità. Per capire questo siamo partiti da lontano.

Perché per comprendere pienamente il Festival è necessario guardare addirittura alla Francia dell’Ottocento?
Perché dalla Francia, e più specificamente dagli ambienti massonici e finanziari francesi, nell’Ottocento, è partito il grande progetto del gioco d’azzardo inteso come veicolo per creare piccoli paradisi terrestri dove si integrano progetti industriali che vanno dal turismo alberghiero allo spettacolo, dal trasporto allo sport. Sanremo è una sorta di prolungamento di un vero e proprio modello affaristico che si radica nella Costa azzurra e prevede lo spettacolo come una sorta di punto d’incontro tra lo svago e l’incremento dei profitti derivanti dal gioco d’azzardo, attraverso il meccanismo delle scommesse sulle gare, che possono essere anche canore e sportive. In questo crocevia di malaffare, politica, corruzione e talento, il Festival ha trovato la sua perfetta collocazione. E infatti, per i primi 25, la manifestazione era un tutt’uno con il casinò e con tutte le trame che gli stavano dietro; trame che investono i meandri oscuri della massoneria, i servizi segreti, il riciclaggio del denaro sporco e le occulte macchinazioni della politica che hanno fatto intrinsecamente parte dell’Italia del dopoguerra.

Sono diversi gli scandali e gli episodi di cronaca nera che hanno caratterizzato la storia del Festival… Al di là di quelli di cui si è parlato maggiormente (penso, per esempio, alla morte di Luigi Tenco) quali vi hanno incuriosito di più?
Quelli dei Festival di fine anni Sessanta e dei primi anni Settanta. Non a caso è il periodo della morte di Tenco. Particolarmente ci vengono in mente la presenza di Valpreda, come un’ombra enigmatica, a margine del Festival del 1969 (quello della contestazione), proprio nei mesi che hanno preceduto piazza Fontana e l’inizio della strategia della tensione. Il tutto con un contorno di “bombe d’assaggio” che esplodono nel periodo festivaliero. Un caso curioso, anche se più ai margini del Festival, è quello di Jimmy Fontana che, escluso della kermesse canora, in un’armeria di Sanremo, ha comprato una mitraglietta Scorpion, come se volesse fare una strage. Un’arma in seguito ceduta a un poliziotto e poi ritrovata in un covo delle Brigate rosse e ritenuta, in un primo tempo, l’arma che aveva ucciso Aldo Moro. Connessioni apparentemente vertiginose, ma in realtà più plausibili di quanto sembri se si segue lo sviluppo della trama del libro che ha Sanremo come punto d’osservazione dell’Italia.

Su alcuni di questi scandali/episodi non si è ancora riuscito, e probabilmente non si riuscirà mai, a fare luce…
Se è per questo quasi nessuno dei misteri d’Italia è stato fino in fondo svelato: da Matteotti al caso Montesi, dalla morte di Pasolini fino a quella di Moro, solo per citarne alcuni, quasi ci fossero degli strani sortilegi che impediscono alla verità di emergere. Comunque, come sosteneva lo stesso Pasolini, si riescono a capire tante cose anche se non si hanno delle prove da portare in tribunale.

Alla luce della vostra “indagine”, il Festival è veramente rappresentativo della storia del nostro Paese, come hanno sostenuto in tanti?
Sì, lo è in tantissime sue declinazioni. Però più che essere lo specchio della società italiana, è stato lo specchio di quello che la società italiana doveva essere nei piani di chi l’ha progettata e costruita passo dopo passo, incluse le sue svolte epocali.

Qual è il vero segreto della longevità del Festival?
La sua capacità di rigenerarsi, di adeguarsi ai tempi che cambiano. Di trovare ruoli diversi, come mediatore tra reti concorrenti, fino a diventare, ultimamente, una sorta di spareggio tra chi ha vinto Amici e chi ha trionfato a X-Factor. Non per niente la conduzione di quest’anno sarà un compromesso, tra Rai e Mediaset, molto più esplicito rispetto ad accordi sottobanco presi in passato. Prova ne è la conduzione di Carlo Conti e Maria De Filippi.