Le mafie oggi sono più ricche rispetto a vent’anni fa. Il loro potere è aumentato poiché sono notevolmente accresciute le loro risorse economiche. Come vent’anni fa, anche oggi, nelle zone a più alta densità criminale prevale la negazione dell’esistenza del fenomeno mafioso o peggio l’utilità dell’esistenza dello stesso con scopi addirittura filantropici.
Se si affronta l’argomento dell’esistenza delle mafie, in molti risponderanno che la mafia è una menzogna messa in giro da parte di giornalisti per screditare il Mezzogiorno d’Italia, oppure, da uomini delle istituzioni (magistrati, poliziotti, politici) che vogliono fare rapidamente carriera alle spalle di galantuomini. In tanti diranno che le mafie fanno ciò che non fa lo Stato e cioè danno lavoro e sicurezza ai cittadini indifesi. Nell’Italia di allora, ed anche di oggi, dunque, diventa necessario far comprendere cosa sia la mafia rompendo innanzitutto il muro di silenzio e di falsità che avvolge il sistema mafioso.
Non dimentichiamoci che prima di Rocco Chinnici, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, la mafia era considerata quasi un’invenzione. Oggi, anche grazie ai predetti magistrati, siamo in grado di conoscere una mafia strettamente legata al potere. Le nuove mafie non sono più serve del potere, ma lo usano fino a divenire, con il trascorrere del tempo, “il potere” e cioè un autonomo centro “affaristico” capace di controllare e manipolare per il proprio interesse le diverse istituzioni dello Stato, con particolare riguardo per l’economia e la politica. Quest’ultima, infatti, diviene lo strumento privilegiato per il sistema mafioso perché in grado di assicurarne lo sviluppo ed il consolidamento stante la capacità degli uomini politici di fornire la copertura indispensabile alle organizzazioni criminali per svolgere nel silenzio e nella tranquillità i propri loschi affari.
Le nuove mafie usano strumenti semplici ed efficaci: garantiscono al politico la possibilità di ricoprire un posto di rilievo nelle istituzioni in cambio di favori irrifiutabili. Così operando, la mafia è riuscita a crescere, a rafforzarsi, a trasformarsi da strumento al servizio di forze politico-economiche per la difesa dei diritti e delle prerogative feudali, in forza economico-politica in grado di dettare le sue leggi nel territorio: oggi è uno Stato nello Stato.
Il delicato meccanismo interno che riesce a tenere insieme questo sistema criminale è la “mafiosità”.
Le ragioni di potere rafforzano i rapporti fra gli affiliati e consentono di estendere il campo di influenza dei clan mafiosi ovunque. All’esterno delle associazioni però vi è anche un altro tipo di “mafiosità”. Non sempre occorre essere un criminale per avere una mentalità mafiosa. Se guardiamo dentro ognuno di noi – a cominciare da me che scrivo – notiamo che la mafiosità è come un virus che vince le difese del soggetto che ne è vittima, “costringendolo” a scendere a compromessi e a vedere i propri diritti fondamentali sminuiti. L’egoistica salvaguardia dei propri interessi prevale sull’etica morale del bene comune, rendendo questo “fenomeno umano” più arduo da sconfiggere. Si accetta l’idea del diritto inteso come favore a discapito di altri.
Non ricordo quante volte ho letto in molteplici atti giudiziari la frase: “Se mi dai tanti voti, ti do un posto di lavoro”. La concessione di un favore a una persona, non per merito o per proprio piacere personale, ma esclusivamente per vincolarla ad un debito futuro eterno. Coloro che scendono a tali compromessi non si rendono conto che il “servizio” che la mafia offre, non è altro che qualcosa che spetta di diritto.
La mafia ha capito che il potere e la ricchezza sono strumenti potentissimi che rendono “commerciabile” ogni cosa, persino valori la cui natura pubblica non è assolutamente in discussione: tra tutti, l’acqua, il lavoro e la salute. La mafia di oggi non vuole che si parli di essa, non vuole conquistare le prime pagine dei giornali o i titoli dei notiziari. Essa brama di rimanere il più possibile nell’ombra perché nell’oscurità si estende la propria influenza e si accumulano ingenti ricchezze. La mafia e la mafiosità ormai sono dappertutto! La cura? La cultura e la scuola sono senza dubbio un antidoto molto efficace!
(Vincenzo Musacchio, direttore della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise).