Soros ritenta il colpaccio ai danni dell’euro? (grazie alla Germania)

Dopo l’attacco a lira e sterlina del 1992, questa volta il finanziere potrebbe ritentare il colpaccio ai danni della moneta unica.

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«Con la crescita economica che va a rilento e la crisi dei rifugiati fuori controllo, l’Unione Europea è sul punto di rottura ed è destinata a subire un’esperienza simile a quella dell’Unione Sovietica nei primi anni 90». Ossia a dissolversi. L’allarme è stato lanciato ieri dal finanziere George Soros.
L’uomo che il 16 settembre 1992 guadagnò in un sol giorno più di 1 miliardo di dollari speculando contro la lira e la sterlina ha ormai 86 anni, ma è ancora attivissimo.

Difficile credere che la sua uscita sia il semplice sfogo di chi è stato preso dallo sconforto a causa dell’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Vero, durante la campagna elettorale il candidato repubblicano ha fatto dell’ultrà clintoniano uno dei suoi bersagli preferiti, la quintessenza dei mali che può provocare la speculazione finanziaria. Ma si potrebbe anche essere tentati di credere che la visione pessimistica del presidente della Fondazione Open Society in merito al destino dell’Ue sia invece un segnale per caricare le armi contro l’euro.
Che il 2017 sia un anno delicatissimo per le sorti della moneta unica lo pensa d’altronde anche Stratfor, una delle più celebri società specializzate in servizi di intelligence e consulenze strategiche, basata a Austin, in Texas. Le elezioni in Francia e Germania e il probabile ricorso al voto anticipato in Italia sono tutti fattori di rischio per l’esistenza stessa della zona euro. «Da anni si dice che l’Europa potrebbe dissolversi», hanno scritto gli analisti di Stratfor. «La domanda del 2017 è a che velocità procederà la dissoluzione».

Tornando a Soros, la sua analisi è particolarmente interessante, a prescindere dalle eventuali conseguenze sulle quotazioni dell’euro, visto che è stato uno dei massimi ispiratori e finanziatori delle rivoluzioni colorate in Ucraina e Georgia, nonché della campagna di Hillary Clinton. Per lui, a differenza di Trump, il nemico numero uno resta sempre la Russia di Vladimir Putin. «In Francia i due principali contendenti per la presidenza», Marine Le Pen del Front National e François Fillon del centrodestra, «sono vicini a Putin e desiderosi di blandirlo. Se vincerà uno dei due, il dominio di Putin sull’Europa diventerà un fatto compiuto».

Soros spiega quindi come ha fatto l’Ue ad arrivare a un passo dalla sua fine. Per il finanziere di origini ungheresi «le forze della disgregazione hanno ricevuto un forte impulso nel 2016, prima dalla Brexit, poi dall’elezione di Trump negli Stati Uniti e il 4 dicembre dal rifiuto degli elettori italiani, con un ampio margine, delle riforme costituzionali». Tutto questo nasce dall’errata reazione della Germania alla crisi finanziaria.

Soros confronta il comportamento degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale con quello della Germania dopo il 2008: Washington lanciò il Piano Marshall, «che ha portato allo sviluppo dell’Ue», mentre Berlino «ha imposto un programma di austerità che ha servito solo il suo ristretto interesse particolare». La riunificazione tedesca sulla base del cambio 1 a 1 tra marco dell’Ovest e marco dell’Est, spiega Soros, «si è rivelata molto costosa. Quando Lehman Brothers è crollata, la Germania non si sentiva abbastanza ricca per assumere obblighi supplementari. Quando i ministri delle Finanze europei dichiararono che a nessun altro istituto finanziario di importanza sistemica sarebbe stato permesso di fallire, la cancelliera tedesca Angela Merkel, leggendo correttamente i desideri del suo elettorato, proclamò che ogni Stato membro avrebbe dovuto prendersi cura delle proprie istituzioni. Questo è stato l’inizio del processo di disintegrazione». Da qui è nato il successo dei movimenti anti-Ue, che Soros ora esorta a contrastare.

Marcello Bussi, Milano Finanza 30.12.16