Da De Benedetti a Marcegaglia: Mps prestava soldi ai ricchi che non li restituivano

 

Carlo-De-Benedetti

Fra i debitori che non hanno onorato i debiti verso il Montepaschi c’è anche Giuseppe Garibaldi. Incidenti che capitano alla banca più antica del mondo. Evidentemente anche in tempi non sospetti, a Siena sentivano il fascino della camicia rossa. Ma soprattutto rivelavano una certa reverenza nei confronti dei poteri forti. Preferibilmente in odore di massoneria.

Nell’archivio della banca c’è questa lettera dell’Eroe dei Due Mondi: «Signor Esattore mi trovo nell’impossibilità di pagare le tasse. Lo farò appena possibile». Correva l’anno 1863 e non sapremo mai il destino di quel debito.

C’è anche da dire che a Siena avevano una certa dimestichezza con i protagonisti del Risorgimento. Fra il 1928 e il 1932, infatti, la banca era entrata in possesso della tenuta di Fontanafredda che Vittorio Emanuele II aveva regalato alla Bella Rosina. Gli eredi se l’erano fatta espropriare per un debito non pagato. Un npl (non performing loans) in versione reale.
Giuseppe Garibaldi e i nipoti della moglie del Re che non poteva diventare Regina.

A Siena sono sempre stati molto trasversali nella scelta dei loro clienti. E anche le sofferenze rifiutano il monocolore. Così fra i clienti che non hanno rimborsato figurano la Sorgenia della famiglia De Benedetti e Don Verzè che, grazie anche all’amicizia con Silvio Berlusconi aveva fondato l’ospedale San Raffaele portandolo anche al dissesto con un buco di duecento milioni. Dagli archivi risultava anche, almeno fino all’anno scorso, una fidejussione di 8,3 milioni che il Cavaliere aveva rilasciato a favore di Antonella Costanza, la prima moglie del fratello Paolo. La signora aveva acquistato, per nove milioni, una villa da sogno in Costa Azzurra e poi aveva dimenticato di pagarla. A Siena, però, conoscevano bene la famiglia Berlusconi e si fidavano. Erano stati i primi a credere nella capacità imprenditoriali di Silvio e non se n’erano certo pentiti.

Non altrettanto bene però, sono andate le cose con il gruppo che fa capo a Carlo De Benedetti, l’eterno rivale del Cavaliere. Sorgenia, il gruppo elettrico guidato da Rodolfo, primogenito dell’Ingegnere, ha lasciato un buco da 600 milioni. Le banche hanno trasformato i debiti in azioni. Ora sperano di trovare un compratore. Il cuore di Sorgenia è rappresentato da Tirrenia Power le cui centrali sono localizzate in gran parte fra la Liguria e l’Italia centrale. Naturale che Mps fosse in prima linea nel sostenere l’investimento e oggi a dover contabilizzare le perdite.

Ma i problemi di Mps non si fermano alla Toscana e zone circostanti. La forte presenza in Lombardia attraverso la Banca Agricola Mantovana ovviamente l’ha portata in stretti rapporti d’affari con il gruppo Marcegaglia che ha sede da quelle parti. Fra l’altro Steno, fondatore dell’azienda siderurgica, era stato uno dei soci della Bam che aveva favorito l’ingresso di Siena. Tutto bene fino a quando al timone è rimasto il vecchio. Poi è toccato ai figli Antonio ed Emma. Complice la crisi economica, hanno accumulato un’esposizione di 1,6 miliardi che le banche hanno dovuto ristrutturare aggiungendo altri 500 milioni.

Ma a parte questi nomi eccellenti chi sono gli altri debitori che hanno mandato in crisi la banca più antica del mondo? La ricerca non è facile. Il gruppo dei piccoli azionisti del Monte guidato da Maria Alberta Cambi (Associazione del Buongoverno) ha cercato l’identità delle insolvenze. I dirigenti della banca si sono rifiutati di rispondere schermandosi con le regole della privacy. Qualcosa, però, hanno detto. Non i nomi ma almeno la composizione.

Viene fuori che il 70% delle insolvenze è concentrato tra i clienti che hanno ottenuto finanziamenti per più di 500mila euro. In totale si tratta di 9.300 posizioni e il tasso di insolvenza cresce all’aumentare del finanziamento. La percentuale maggiore dei cattivi pagatori (32,4%) si trova fra quanti hanno ottenuto più di tre milioni di euro. Ovviamente un tasso di mortalità così elevato sulle posizioni più importanti apre molti interrogativi sulla gestione. Anche perché la gran parte dei problemi nasce dopo l’acquisizione di Antonveneta. Prestiti concessi nel 2008 che finiscono a sofferenza nel 2014. Certo sono gli anni della grande crisi. Ma non solo. La scansione dei tempi dice anche un’altra cosa: Mussari e Vigni hanno concesso i crediti. Profumo e Viola hanno dovuto prendere atto che erano diventati fuffa.

di Nino Sunseri – –  LIBERO