di Vittorio Feltri
Non era pachistano, ma tunisino. Il macellaio di Berlino era incazzato perché in Italia non lo avevano riconosciuto per profugo. Costui aveva preso un barcone in Africa. Il famoso viaggio della speranza (di ammazzarci). Purtroppo non è annegato nella traversata. I bastardi non affogano. Approdato da noi ha incendiato il centro di accoglienza dove era stato fraternamente nutrito e accudito. Strano ma vero: è stato condannato e spedito in carcere. Una volta fuori di cella, siamo tornati alla ottusa normalità italiana, cioè è stato immerso nella bambagia dell’ ospitalità suicida.
Cacciarlo? Figuriamoci. Offriamogli una seconda chance. Teniamolo qui. C’ è la sua bella comunità di confratelli pronti a rieducarlo, sostenerlo, e se scivola nella tentazione, lo denunciano al volo. Così, invece di essere rispedito a casa sua, ha spedito al Creatore i suoi nemici: ha preso la strada della Germania, e ha ammazzato dodici cristiani con un Tir.
L’ ora successiva alla notizia e alle immagini della devastazione ho pigiato sui tasti e pubblicato su Libero la mia trascurabile ma sentita opinione, che rispolvero per i dimentichi: fuori dai coglioni, non prendiamoci più in casa gente così. L’ albero lo giudichiamo dai frutti: se la mela è avvelenata, e ammazza innocenti al mercatino di Natale, tagliamo la pianta tossica, reimbarchiamola, impediamole di proliferare. Ho scritto questo, ho avuto ragione alla lettera. Come spesso accade, il primo sentimento è quello giusto. Non è stata la pancia a suggerirmi questi semplici concetti, ma la testa, assai sensibile all’ adrenalina della paura, la stessa che consente alle gazzelle di sottrarsi alle unghie e ai denti del leone, scappando a velocità supersonica. Gli uomini, e specialmente gli anziani come il sottoscritto, piuttosto che darsela a gambe, ritengono più razionale far usare le gambe a chi non ha nessun diritto di invadere il nostro Paese, non ha intenzioni pacifiche, insomma è un potenziale bastardo. Non fugge dalla guerra, ma viene qui a farcela.
Non so se l’ avete notato. Non ho usato apposta la parola islamico, non ho tirato in ballo Allah. Ma lo stiamo pensando tutti.
Ignorare la fede dell’ assassino è come pretendere di raccontare una strage rinunciando a prenderne in considerazione la causa. Il movente non è stata la follia, ma un’ ideologia omicida che trova una giustificazione esplicita in una interpretazione non squilibrata ma letterale di alcuni passi del Corano. Questo lo ha scritto Claudio Cerasa del Foglio, il quale è giovane e forbito. Io lo sono di meno, sia giovane sia forbito, ma concordo e constato che la religione c’ entra, e nello specifico quella musulmana, perché i terroristi sterminano la gente inerme in nome di Allah e non di San Giuseppe. Prendono esempio dal loro fondatore, che tagliò centinaia di gole israelitiche, ordinò la conquista del mondo, e loro da mille e cinquecento anni ci provano.
Cacciare il milione e mezzo di islamici oggi in Italia? Colpevolizzarli tutti come assassini? Mai scritto questo. Mi sono limitato a dire che devono menare le tolle quanti vengono ospitati da noi e non rispettano la nostra civiltà, coltivando adepti alla causa del nostro sgozzamento. È noto: i terroristi islamici a volte trovano ospitalità in parrocchia, ma non è lì che sono catechizzati. Sono funghi che spuntano nel bosco islamico. Estirpiamo le piante sotto cui usano buttar fuori la cappella le amanite falloidi. Non chiedo la deforestazione, ma la disinfestazione selettiva sì. Infatti questi figli di puttana musulmana nuotano sereni nelle acque dell’ immigrazione clandestina islamica, e poi si occultano con facilità nei quartieri a prevalenza etnica. Ecco: consegnateli alla polizia, allontanate i coltivatori diretti dell’ odio.
Sono costretto a scrivere queste banalità perché un deputato del Pd, un renziano doc, mi ha insultato pubblicamente a sangue, ha riferito in modo menzognero le mie parole, per poi chiedere al capo dello Stato la chiusura di Libero e invocare per me un’ incriminazione da parte delle Procure e un processo per incitamento all’ odio razziale e religioso. Soprattutto ha sostenuto che farei comunella con l’ Isis, e spingerei come loro alla guerra di religione. Non sono i suoi fratelli che sbagliano a praticarla, ma io a volerla, in combutta con Abu Bakr Al Baghdadi e la buon’ anima, si fa per dire, di Osama Bin Laden. Chiamatemi Vittorio Bin Feltri. Fa ridere, mica tanto.
Sto riferendo i giudizi dell’ onorevole Khalid Chaouki, il quale mi dicono sia l’ unico musulmano presente in Parlamento. Deduco pertanto sia il più autorevole esponente dei cittadini italiani di fede islamica. Questo mi fa persino più paura delle frange estremiste degli imam barbudos. Costui infatti passa per un moderato, e come tale gremisce i programmi televisivi di Mediaset, che quasi tutte le sere gli fa un monumento. Se vuole estromettermi dalla comunità italiana, e confinarmi nel lazzaretto dei razzisti e spedirmi in galera, il leader degli islamici buoni e liberali, come saranno quelli non dico cattivi, non sia mai, ma quelli severi e un po’ nervosi?
Vuol dire che ormai è fatta. Siamo sottomessi. Rinuncio a dire che se io osassi sostenere il reciproco in terra di mezzaluna, attaccando un quotidiano islamico, sarei impalato. Ebbene, questo signore mi ha trattato da criminale alla Zanzara, su Radio 24. Noto che per dare forza ai suoi argomenti ha dichiarato che l’ Isis è un gruppo piccolissimo. Ma lo sa questo scienziato islamico dell’ antiterrorismo che solo in Siria sono arrivati 90mila foreign fighter arruolati dal Califfo? Che l’ Isis controlla un territorio grande come l’ Inghilterra, e governa 11 milioni di persone? Che vaste zone d’ Africa sono sotto il suo tallone? Invece Chaouki: pochissimi E allora forza, siete milioni in Europa, metteteli in mano alla giustizia, invece che offrire me alla vendetta dei vostri fratelli un po’ esagerati.
P.S. Ho aspettato un giorno a rispondere, per vedere l’ effetto che fa. Nessuno – al momento in cui scrivo – ha difeso Libero e tanto meno il sottoscritto. Amen.
La colpa non è sua, ma di tutti quegli imbecilli che gli hanno dato il voto.-