“Il 45% dei giovani tunisini in cerca di lavoro si dichiara pronto ad emigrare, anche in maniera illegale“. Lo rivela un rapporto condotto dal Forum tunisino per i diritti economici sociali (Ftdes) in collaborazione con la Fondazione Rosa Luxemburg Stiftung” (Rls) su un campione di 1200 giovani in Tunisia, intitolato “I giovani e l’emigrazione clandestina in Tunisia: studio sul campo degli stereotipi, delle pratiche e delle attese”.
Lo studio, diretto da 11 esperti, tra cui 9 professori universitari ha l’obiettivo di analizzare i diversi aspetti legati all’emigrazione clandestina dei giovani tunisini prima e dopo la rivoluzione del 2011 e identificare i motivi di questa scelta, ha spiegato Romdhane Ben Amor, responsabile media del Ftdes, sottolineando il fallimento del modello di sviluppo tunisino con i suoi 25 mila giovani che hanno lasciato clandestinamente il Paese dopo gli eventi del 2011, cifre in continuo aumento da allora, insieme ad un incremento del numero degli scomparsi.
“Noi abbiamo creduto che gli approcci adottati dai governi successivi nella gestione della migrazione clandestina avrebbero potuto apportare soluzioni alternative, oltre agli accordi con l’Unione europea, ma non si è potuto osservare alcun miglioramento nella gestione della situazione economica e sociale nelle regioni maggiormente interessate da questo fenomeno”, afferma Ben Amor.
Lo studio è stato realizzato nel dicembre 2015 su un campione di 1.200 giovani ripartiti in 6 differenti governatorati (Tunisi, Le Kef, Gafsa, Kasserine, Médenine, Mahdia), 53,3% uomini e 46,7% donne. Il 50% degli intervistati ha dichiarato di aver interrotto i propri studi alla scuola secondaria superiore, il 27,6% di possedere una laurea, il 17% di avere un diploma di scuola media. Lo studio è stato condotto su un campione rivelatosi composto per il 24% da disoccupati, e il 70% persone in cerca di lavoro. Il 21% degli intervistati si è dichiarato pronto ad aderire a un progetto di emigrazione, anche illegale, nel caso in cui si presentasse l’occasione e il 15% ha affermato di essere in contatto con gli organizzatori delle traversate nel Mediterraneo. ANSAMED