“Violentato per tutta la notte con un tubo di ferro”, orrori della mafia nigeriana in Italia

 

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Palermo – Mafia nigeriana tremendamente simile a quella palermitana. Anzi, ancora più violenta. E’ quello che emerge dai retroscena dell’operazione Black Axe. Al momento i fermi risultano 17 (sedici uomini e una donna). Un’operazione a raggio nazionale, che è partita da Palermo. E quelli venuti a galla sono particolari raccapriccianti. Torture e violenze sessuali terribili ai danni di coloro che si rifiutavano di affiliarsi alla organizzazione mafiosa. Un uomo in particolare è stato violentato per una notte intera con un tubo di ferro. Violenze sessuali anche su alcune donne che “non volevano prostituirsi”. I nigeriani finiti in manette controllavano infatti il mercato della prostituzione e lo spaccio di droga tra i loro connazionali a Palermo.

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L’organizzazione garantiva il rispetto delle “regole” interne e la sicurezza dei suoi principali membri attraverso il suo braccio armato, “Bucha” o picchiatore. Se la struttura dell’organizzazione, gerarchicamente, ricordava quella di un “parastato”, per contenuti e modalità di affiliazione, richiamava le tipiche forme delle organizzazioni criminali “nostrate”, con tanto di cerimonia di ingresso per gli associati. “Una mafia a volte più violenta di quella palermitana – ha rivelato il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci -. Sono stati ricostruiti diversi casi di violenza. Persone che non sottostavano alle regole di comportamento, per esempio chi non pagava le partite di droga, venivano ‘punite’ in modi severi e violenti”.

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La mafia palermitana “sopportava” l’organizzazione criminale dei “colleghi” nigeriani che operavano nel cuore di Ballarò. “Cosa nostra ha consentito ai nigeriani di organizzare una struttura subalterna alla mafia – ha spiegato Agueci -. Loro erano tollerati a patto che non uscissero dal loro ‘perimetro’ di appartenenza”. Le indagini hanno accertato come l’organizzazione al suo interno riproducesse compiti, funzioni e persino organigrammi tipici di uno stato, tanto che per indicare le figure di vertice faceva riferimento al tipico formulario di cariche istituzionali (Ministro della Difesa e Consiglio dei Saggi). La Black Axe era l’organizzazione criminale sovranazionale e transnazionale, le sue ramificazioni si estendevano nei singoli Stati, ove si trasformava in “Zone” e in singoli distretti cittadini, chiamati “Forum”.

Le indagini della Mobile hanno fotografato la vitalità di numerosi “Forum” (distretti italiani), tra i quali si è distinto soprattutto quello di Palermo. Come ha spiegato il questore di Palermo Guido Longo “Cosa nostra consente a questa organizzazione di sopravvivere nel territorio. E la mafia siciliana anzi, ne trae vantaggio. Si tratta di rapporti improntati sul ‘do ut des’. Basta non superare certi limiti: questo succede anche altrove, basta non dimenticare la strage di Castelvolturno”. Tra i vari fermati anche il capo della base italiana dell’organizzazione, denominato “Head della Zone”, prima carica formale dell’associazione nazionale, vertice supremo del gruppo, catturato a Padova, in costante contatto con il vertice nigeriano e con i membri più autorevoli delle altre articolazioni nazionali, europee e mondiali.

Un altro componente aveva assunto invece il ruolo di “Ministro della Difesa” dell’organizzazione, quarta carica principale a livello nazionale. Ruolo affidato a Kenneth Osahon Aghaku, di 22 anni: a lui era demandata la gestione delle punizioni dei disobbedienti ed il coordinamento di tutte le attività esecutive dell’organizzazione, quali, per esempio, la protezione dei membri, in costante contatto con il vertice della “zona” e con i membri di spicco dei vari “forum” italiani.

palermotoday.it