La Procura di Brescia ha aperto un’inchiesta relativamente alle forniture di bombe ‘made in Italy’ verso l’Arabia Saudita. L’ipotesi di reato è quella di violazione della legge che vieta l’esportazione di armi verso Paesi in guerra.
Il divieto sarebbe stato aggirato (in ipotesi) perché la produzione è formalmente tedesca (la multinazionale Rvm) e non italiana, anche se lo stabilimento si trova in Sardegna.
RETE DISARMO – Le indagini, coordinate dal Magistrato bresciano dottor Fabio Salamone, non si sono limitate allo studio delle carte e delle notizie presenti nel testo di Esposto ma hanno già visto l’effettuazione di passi concreti di acquisizione diretta di nuove informazioni. Corroborate anche da documenti ufficiali del Governo tedesco ottenuti dai ricercatori di Rete Disarmo e dimostranti la piena responsabilità italiana sulle (almeno) sei forniture dirette tra la Sardegna e Riad.
GUERRA IN YEMEN – Dall’aprile del 2015 i sauditi si trovano alla guida di una coalizione che bombarda lo Yemen. Si tratta di un conflitto non autorizzato dall’Onu che ha già causato la morte di circa 6000 civili e ha fatto registrare numerosi casi di violazione dei diritti umani come il bombardamento di scuole e ospedali. Il conflitto, secondo ripetute prese di posizione delle Nazioni Unite, ha già portato a conseguenze catastrofiche per la popolazione, con una situazione così problematica da essere stata oggetto di una Risoluzione del febbraio 2016 del Parlamento europeo per “avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’UE di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita”.
“UN CASO PROBLEMATICO” – La Rete Italiana per il Disarmo “esprime la soddisfazione per questa decisione della Procura di Brescia – si legge in una nota – che permetterà di fare luce su un caso problematico di commercio di internazionale di armi, emblematico anche di molti altri accordi simili. La RID si mette a piena disposizione dei Magistrati – come già fatto in questi ultimi mesi – per fornire dati e informazioni utili all’inchiesta. Il nostro auspicio è che si arrivi finalmente ad un esplicito chiarimento a riguardo di meccanismi di autorizzazione dell’export militare che a nostro parere configurano da tempo una possibili violazioni della nostra normativa nazionale sul tema”.
PINOTTI – In particolare i risultati dell’inchiesta potranno poi rendere più trasparenti i profili di rapporto molto cordiali negli ultimi anni tra il nostro Governo e il Regno Saudita, su questioni militari, di produzione armata e della difesa. Pochi giorni fa Rete Disarmo aveva chiesto chiarimenti relativamente alla recente visita della ministra Roberta Pinotti a Riad, che secondo fonti di stampa saudita aveva toccato anche aspetti relativi a contratti di fornitura per sistemi navali. Il Ministero aveva risposto ventilando possibili querele contro chi diffonde falsità: “Il ministero della Difesa non si occupa dell’export di armi”.
“MAI DIFFUSO FALSITA'” – Di fronte a tale risposta Rete Disarmo “conferma la propria serenità perché nessuna falsità è stata diffusa da parte nostra: riteniamo al contrario che sia legittimo e anzi doveroso richiedere informazioni sui rapporti istituzionali di esponenti del nostro Governo con uno degli Stati maggiormente coinvolti nella guerra civile in Yemen”.
ORDIGNI INESPLOSI – Giorgio Beretta, dell’Osservatorio sulle armi Opal di Brescia, aggiunge: “Sappiamo che ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia, come le bombe MK84 e Blu109, sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il nostro Ministero degli Esteri non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia in questo conflitto”.