Per accedere all’Ape sociale, la possibilità di andare in pensione a 63 anni, 3 anni e 7 mesi prima dell’età necessaria alla pensione di vecchiaia, con un reddito ponte interamente garantito dallo Stato, dunque senza alcuna penalizzazione, occorrerà avere un reddito fino a 1350 euro lordi.
A beneficiarne saranno i disoccupati senza ammortizzatori sociali con almeno 30 anni di contributi, i lavoratori con un disabile a carico ma anche quanti facciano un lavoro gravoso, tra cui le maestre della scuola d’infanzia, i lavoratori edili, i macchinisti e gli infermieri di sala operatoria se avranno però accumulato almeno 36 anni di contribuzione. E’ questo il progetto, ma non formalizzato in un documento, con cui il governo intende chiudere il capitolo pensioni e ‘ratificare’ il verbale di intesa del 28 settembre scorso con Cgil, Cisl e Uil, presentato oggi ai sindacati nel corso dell’ultimo round prima del varo della legge di stabilità previsto con il Consiglio dei ministri di domani. La data indicata dal governo ai sindacati per l’operatività dell’Ape è il primo maggio 2017.
Ma il ‘paletto’ dei contributi spiazza i sindacati e scatena l’ira della Cgil. “Il governo ha cambiato le carte in tavola, 30 anni di contributi invece di 20. Si rimangia la parola data ed è inaffidabile” twitta subito la confederazione di Corso Italia ironizzando su una battuta del premier relativa alla fatica con cui si era arrivati al verbale di intesa. “Gli antibiotici a Matteo Renzi non fanno effetto”, dice il sindacato.
Poi le parole dure, da Firenze, della leader Cgil, Susanna Camusso. “Se penso al Mezzogiorno, alle donne, vuol dire aver inventato all’ultimo giro dei criteri per escludere le persone”, soprattutto quelle con “grande discontinuità contributiva”, attacca.
“Ci siamo trovati stamattina davanti a un non rispetto delle cose che abbiamo detto: la possibilità di andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia per alcune condizioni sociali e lavori gravosi sarebbe condizionata non ai normali criteri delle pensioni di vecchiaia ma alle nuove barriere, una di 30 e una di 36, che riteniamo siano inventate esclusivamente per ridurre la platea, per non permettere l’accesso e in più si scontrano con la ragione stessa delle pensioni di vecchiaia”, aggiunge mettendo per questo in dubbio anche la consistenza stessa delle risorse garantite dal governo e l’inserimento “di un’ulteriore discriminazione in un sistema pensionistico che ne ha già troppe”.
La mossa del governo, per il sindacato, vanifica anche le rassicurazioni circa le risorse da stanziare che ancora stamattina sembrerebbero essere 1,5-1,6 mld nel 2016 per complessivi 6 miliardi nel triennio 2017-2019. E’ il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che non ha partecipato all’incontro tecnico di palazzo Chigi, a provare a gettare acqua sul fuoco. “Stiamo lavorando al meglio per trovare un punto di equilibrio “, dice nel corso della manifestazione Maker Faire.
“Il governo sapeva di dover tenere in equilibrio una serie di elementi, il primo dei quali è la dotazione economica che vale 6 miliardi, e quindi decidere e valutare insieme platee e materie, anche perché la legge di bilancio è approvata quando viene approvata”, spiega ancora Poletti. Ma le critiche e le perplessità dei sindacati restano.
Con toni più contenuti anche Cisl e Uil, infatti, sollecitano una revisione dei limiti della contribuzione prevista per l’Ape social. “Mantenere ampia la platea dei lavori gravosi è una priorità per la Cisl per rispondere al maggior numero di lavoratori, lavoratrici e disoccupati, contribuendo ad alleviare alcune situazioni di disagio sociale”, ricorda Maurizio Petriccioli in una nota mentre Domenico Proietti, segretario confederale Uil, al termine dell’incontro dice: “Abbiamo fatto complessivamente un buon lavoro anche se restano alcune criticità da risolvere. Abbiamo chiesto di ampliare la platea dell’Ape social cercando di abbassare i contributi e di limare verso l’alto il tetto di reddito previsto”.
Tutto confermato invece sull’Ape volontaria compreso il calcolo più favorevole della rata di ammortamento del prestito pensionistico che i lavoratori si troveranno eventualmente a pagare: intorno al 4,5-4,6% al mese per ogni anno di anticipo. E buone notizie anche per i lavoratori precoci per i quali il governo conferma il pensionamento (senza prestito) con 41 anni di contributi per disoccupati e lavori gravosi (gli stessi dell’Ape social) e l’eliminazione della penalizzazione prevista dalle norme in vigore per quanti siano andati in pensione senza aver raggiunto i 41 anni di contribuzione. ADNKRONOS