Aumento dell’Iva nel 2018: grazie a Monti e alla Fornero

 

Roma – Metti insieme l’eredità di Mario Monti e la manovra in deficit di Matteo Renzi. Il risultato è un più che probabile aumento dell’Iva a partire dal 2018.

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Gran parte delle cifre spostate dalla legge di bilancio in arrivo questa settimana sono relative al sospendere gli effetti delle clausole di salvaguardia dei governi Monti e Letta. Strumento utilizzato anche in precedenza, ma i 15 miliardi che il ministro Pier Carlo Padoan ha dovuto coprire sono quelli dell’aumento delle accise e, soprattutto dell’Iva sia nell’aliquota agevolata (dal 10% al 13%) e di quella ordinaria (dal 22% al 24%) previsti dalle leggi post 2011. È la misura più costosa della legge di Bilancio di Renzi, che sicuramente avrebbe preferito impiegare altrimenti una cifra del genere. Con qualche artificio, l’esecutivo proverà sicuramente a fare quello che fece con la legge di Stabilità 2016, cioè fare passare il mancato aumento dell’Iva come un taglio delle tasse.

Vero da un punto di vista tecnico (l’aumento dell’imposta è già iscritto a bilancio), ma in realtà nessuno se ne accorgerà.

Ma il problema è un altro. Il conto per il 2018 del mancato aumento dell’Iva e delle accise salirà a quasi 20 miliardi. E diventerà sempre più difficile evitare un aumento che, peraltro, sarebbe particolarmente gradito dalla Commissione europea che nelle raccomandazioni specifiche per Paese ci chiede di spostare il peso del fisco dalla produzione ai consumi. Non sgradito nemmeno a Confindustria, contraria e a politiche esclusivamente pro consumi.

Più difficile anche perché alcune delle misure che saranno inserite nella legge di Bilancio 2017 avranno effetti anche l’anno successivo e le coperture trovate dal governo rischiano di essere delle una tantum. I tagli ai ministeri presentati come una spending review, stando alle anticipazioni, sembrano i classici tagli lineari alle spese dei dicasteri. Risparmi nell’immediato che si trasformano in maggiori spese l’anno successivo. Niente di strutturale. Il governo Renzi, o l’eventuale successore, si ritroverà a dovere cercare coperture per spese inevitabili, sopra i 20 miliardi.

Ma c’è un’altra eredita, questa volta solo del governo Monti, che pesa sui governi che gli sono succeduti e continuerà a pesare su quelli futuri, la grana degli esodati. Lavoratori restati senza il lavoro e senza pensione per effetto della riforma Fornero. Facilitare l’uscita degli esodati è una scelta politica, ma sembra inevitabile se è vero che anche per il prossimo anno il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha annunciato «l’ottava salvaguardia», cioè un’altra leva di esodati da tutelare. Il costo da qui a dieci anni sarà di 10 miliardi. Da mettere sul conto delle scelte fatte da governi che, secondo la tradizione italiana, pensano sul breve termine e mai sul lungo.

IL GIORNALE