Gli avevano pignorato e venduto la casa: imprenditore si impicca

 

Giuseppe Pensierini, 61 anni, era un imprenditore edile. Aveva un’impresa florida con 50 dipendenti un tempo, poi la crisi ha rovinato tutto. Le cartelle di Equitalia, le Banche, il pignoramento, la sua casa venduta all’asta. Davvero troppo. Giuseppe si è impiccato proprio in quella casa costata tanti sacrifici. “Scusami ma non potevo più vivere, sarei morto lentamente e io non volevo che soffrissi tanto. Spero di ritrovarti in un mondo migliore dove posso sposarti di nuovo”, ha lasciato scritto alla moglie.

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Raccontano i giornali che quella casa l’aveva costruita con l’aiuto dei familiari, mattone per mattone, trentasei anni fa, partendo da un pezzo di terra comprato a Bonascola, una frazione alla periferia di Carrara. Era stata la figlia Serena a passargli i mattoni che lui riempiva di malta e posizionava per innalzare la muratura.

Un punto fermo

Era stato l’epilogo di una vita di sacrifici e lavoro – come racconta il Tirreno – . Un punto fermo essenziale. A dieci anni Giuseppe già lavorava, a 19 aveva aperto la partita Iva. Appena possibile aveva sposato la donna della sua vita, Antonella. La famiglia era quindi cresciuta con l’arrivo dei figli Serena e Massimiliano. L’impresa andava bene e prosperava.

Poi all’improvviso tutto quel mondo fatto di serenità familiare e gioie del lavoro è crollato. Sono arrivati problemi insormontabili. L’unica certezza rimasta quella casetta costruita con le sue mani, quel tetto sulla testa. “Era certo che non gliela avrebbero mai toccata”, racconta la figlia Serena.

La villetta venduta all’asta

Invece la sua villetta con due piani e mansarda è stata venduta all’asta venerdì scorso. Nonostante proprio il lunedì prima Giuseppe avesse presentato domanda in Tribunale per chiedere di poter acquistare lui l’immobile, come spiega il giornale. C’erano state altre aste andate deserte ed anche stavolta l’imprenditore pensava, forse, andasse allo stesso modo. Ma non è stato così: un’offerta è arrivata. E, a fare ancora più male, da un suo amico. Tanto che all’inizio sua moglie e i suoi figli non hanno avuto il coraggio di dirglielo. La casa venduta ad un suo amico.

Un brutto colpo davvero, un colpo intollerabile. Anche se all’inizio lui ha fatto finta di nulla. Stando al quotidiano locale ha perfino sorriso alla cara Antonella, con cui divideva la vita da 42 anni. Lei gli aveva detto “dai Giuseppe, ricominceremo piano piano, proprio come tanto tempo fa, quando eravamo giovani”. E lui si era illuminato in un breve sorriso, ma chissà quanta amarezza aveva dentro. Pare non abbia detto nulla, che abbia parlato poco anche con la figlia che gli aveva chiesto di accompagnarla per andare a prendere i nipotini. Quei cari nipotini che in tasca avevano la letterina per la festa del nonno. Ma lui aveva già previsto tutto, anche le scuse da accampare. Così ne ha sciorinato una, ha detto di dover incontrare una persona a Sarzana, per questioni di lavoro.

La figlia: “Papà non farmi stare in pensiero”

Serena aveva un presentimento e glielo aveva detto: “Papà non farmi stare in pensiero”. Per questo lo ha chiamato al telefono, e vedendo che non rispondeva è saltata in auto con il marito ed è corsa alla casa paterna. La botola della soffitta, dove spesso Giuseppe andava a cantare o a comporre canzoni, era aperta.  Stavolta aveva scritto una canzone triste. Diversa da “Il cuore di un bambino”, scritta da lui e musicata da Francesco Gabbani, che sarà suonata al suo funerale.

Giuseppe era lì, appeso alla scaletta, con una corda al collo. Aveva lasciato due biglietti: uno per l’amico che ha comprato la casa e l’altro per i giudici del Tribunale di Massa.

I figli hanno voluto rendere pubblica la storia e indirizzare una lettera alla comunità.

“Diciamolo chiaramente che questo gesto non è stato fatto perché veniva a mancare un tetto e quattro mattoni, ma per la delusione, il rimorso di aver commesso degli errori, l’averci provato in tutte le maniere, aver provato a far capire ai giudici e non essere ascoltato – hanno scritto – Noi ripetiamo quello che tu ci hai chiesto di far sapere, ma non ti assicuriamo che le persone coinvolte riusciranno a farsi un esame di coscienza”. In ogni caso “ovunque tu sia babbo camminerai a testa alta. Te lo meriti”.

di I. Dessì – – TISCALI