Scusate tanto se ho il cancro. Mi dispiace darvi tanto disturbo. Le cure. Le analisi cliniche, poi le terapie. Spendete soldi per medici, infermieri, inservienti. Poi dovete darmi da mangiare, da bere. Un letto. E se devo essere operato, il fastidio aumenta. I ferri, la sala, tutto quel personale. Scusate, davvero. Qualcuno deve pulire la stanza dove magari vomito dopo la chemio. Perdonatemi, anzi, se vado di stomaco ma sapete com’è questo bombardamento chimico: ammazza le cellule cattive ma strizza anche lo stomaco. Pazientate se a volte mi trattengo un poco di più in ambulatorio, cercando di riordinare i pensieri. Sapete com’è il cancro? No, probabilmente no. Meglio per voi.
Un bel rendiconto
Chissà quali sono stati i pensieri, se li ha solo cullati nella mente o ne ha fatte parole; chissà come si è sentito quel paziente ammalato di cancro del Polo ospedaliero di Belluno quando l’Usl locale gli ha presentato il referto medico, con tanto di notarella. Cosa c’era scritto nel documento accluso? Tutte le spese sostenute dallo Stato per effettuare le cure. Un bel rendiconto. Non perchè pagasse il paziente, certo (e ci mancherebbe) ma perchè avesse conoscenza dello sforzo fatto per garantirgli le cure. Grazie tante, eh. Molto gentili. Sono mortificato di esservi costato così tanto. La prossima volta farò più attenzione. Mi sforzerò di costare meno.
Una scelta singolare
La singolare scelta della Usl di Belluno – di cui dà notizia oggi il quotidiano veneto Il Gazzettino – è stata segnalata al Tribunale del malato che ha chiesto ai vertici dell’azienda di cancellare questa francamente sconcertante decisione. Almeno per i pazienti di alcune patologie. Si può, infatti, intuire il senso che una tale informazione può avere per alcuni malati. Dirgli di non abusare delle cure, di non chiedere più di quello che serve, di non immaginare che quello che non pagano in prima persona, non costi. Una sorta di educazione al servizio pubblico consapevole. Come a dire: guardate, non pagate voi direttamente ma tutto ciò comporta esborsi e comunque, alla fine, con la fiscalità generale, sempre voi pagate. Presentare la nota spesa ai malati di cancro, però, francamente sembra un po’ troppo.
Cure che nessuno vorrebbe mai
Qui non siamo di fronte al paziente che per un mal di testa corre al Pronto soccorso o al malato che, nell’ansia da fine del mondo, si fa prescrivere più farmaci di quelli che gli sono davvero necessari. Davanti a malattie come il cancro – o altre patologie che ti attraversano come un lampo sul parafulmine – c’è poco da annotare le spese. Sono cure che nessuno vorrebbe mai chiedere. Momenti che nessuno vorrebbe mai vivere. Incroci che nessuno vorrebbe mai attraversare. Cosa c’è da consapevolizzare? Cosa c’è da informare? Cosa c’è da annotare? Un bel niente.
Le ragioni del business plan
A ben vedere siamo di fronte ad una deriva, in fondo, prevedibile: è già qualche anno che la salute viene piegata più alle ragioni del business plan che a quelle delle diagnosi e della presa in carico. Ogni anno si rincorrono voci di tagli ai finanziamenti pubblici alla Sanità; si invocano manager aziendali in luogo di professionisti del contatto umano. Tutto va riportato alla gestione delle risorse, smarrendo il senso della vera risorsa di ogni cura: l’essere umano, l’empatia, la magica medicina della rassicurazione, della vicinanza, della sicurezza, di dare tutto senza far pesare nulla.
Rinuncia alle cure
Non sorprende se da qualche anno le statistiche ci dicono che quantità sempre maggiori di persone – per lo più anziani, per lo più pensionati – rinunciano alle cure, e alla prevenzione, perchè non possono permettersi neppure il ticket per le prestazioni. Meno che mai possono garantirsi farmaci a prezzo intero. Tutto ha un costo, certo. Anche le cure. Ed è giusto sensibilizzare e informare, in questo senso. Ma senza mai smettere di sentire la persona che si ha di fronte.
Più di una gaffe, uno schiaffo
Ecco quindi che presentare la nota spese a un paziente oncologico che sta remando controvento per tenersi attaccato alla vita, è più di una gaffe. E’ uno schiaffo in faccia. Un’umiliazione che non solo non lo aiuta a lottare ma spezza il patto, rovina la catena di energia positiva che – a volte – è la sola cosa che può tirarlo fuori, interrompe la fiducia, magari spinge a chiedere scusa. Scusate se mi sono ammalato di cancro. Non l’ho fatto apposta. Cercherò di darvi meno fastidio possibile. Speriamo non succeda più.
Antonio Menna per TISCALI