L’odio dei musulmani contro i cristiani passa anche dalle rotte dei migranti e dai campi profughi. Il jihad sul barcone.
La guerra santa nei centri d’accoglienza. Una lunga scia di sangue e violenze che colpisce chi si professa cristiano, vittime di persecuzioni, violenze ed omicidi da parte degli immigrati musulmani.
L’ultimo orrore viene dalla Spagna, dove due migranti islamici sono accusati di aver torturato e ucciso sei cristiani, tra cui un prete cattolico: bastonati con le componenti di legno del barcone, gettati in mare e lasciati affogare barbaramente tra le onde alte. Era il 5 dicembre del 2014 quando la capitaneria spagnola di Almería recuperò 29 superstiti a bordo di una imbarcazione di fortuna. Sul gommone di 10 metri era rimasta solo la metà dei 50 migranti salpati da Nador, in Marocco: il bilancio fu di 21 morti accertati. Tra cui i sei cristiani. Il capitano della barca, Alain N. B, e il suo vice avrebbero picchiato e gettato in acqua i sei passeggeri perché convinti che le tempeste fossero provocate dalle loro preghiere.
A caratterizzare quel maledetto viaggio furono dure burrasche. Per questo il parroco invitò i fedeli a bordo a chiedere a Dio la grazia di arrivare sani a salvi a destinazione. Un grido di fede e speranza. Ma i due scafisti, entrambi camerunesi, erano convinti che «il tempo peggiorava ogni qual volta si rivolgevano a Gesù». E così li hanno uccisi.
In attesa del processo, uno dei due accusati è morto in carcere. Alain N.B. è invece comparso davanti alla corte spagnola. Il pm ha chiesto 15 anni di carcere per ogni assassinio con l’aggravante dell’odio religioso, per un totale di 90 anni di pena. L’accusa si basa sulla testimonianza di quattro migranti presenti al massacro, mentre gli altri profughi non l’hanno denunciato e non sono più rintracciabili. Davanti al giudice il camerunese ha sostenuto di essere un cristiano praticante, ma al suo arrivo in Spagna gli trovarono 1.500 euro sottratti alle vittime. Il procuratore è convinto che a guidarlo fu il livore islamico contro quei ragazzi colpevoli soltanto di credere in Cristo.
Migrare non è mai facile, certo. Ma se sei cristiano è ancora più difficile. La cronaca è piena di casi simili. Il 19 aprile 2015, per esempio, trenta cristiani etiopi ed eritrei furono rapiti e uccisi dall’Isis in Libia. Per rimanere in Europa, nel campo profughi di Grande-Synthe, a 40 km da Calais, ci sono ancora oggi ronde anti-cristiani per cacciarli dalle baracche. Nei centri di accoglienza della Merkel, invece, i cristiani non possono nemmeno denunciare le violenze subite per paura delle minacce di traduttori e guardie armate, in gran parte musulmani. Non solo: in molti casi i migranti islamici impediscono la celebrazione delle messe, costringono i cristiani a invocare Allah e gli impongono di partecipare al digiuno del ramadan. Non basta? Un rapporto pubblicato da Open Doors, condotto tra febbraio ed aprile, ha rivelato che l’88% dei rifugiati cristiani ospitati in Germania sono stati bersaglio degli immigrati musulmani: il 42% ha subito insulti, il 32% è stato minacciato di morte.
L’Italia non è certo da meno. Nel ghetto di Rignano Garganico la baracca usata come chiesa è stata data alle fiamme e trecento profughi cattolici africani sono costretti a pregare di nascosto per evitare ritorsioni della maggioranza musulmana. Nelle acque di Palermo, infine, ad aprile 2015, 12 cristiani furono gettati in mare da 15 migranti islamici poi approdati a Palermo e arrestati.
Odio. Jihad. Disperazione e persecuzione. I profughi cristiani nel silenzio subiscono angherie di ogni sorta. Costretti a nascondere i simboli della loro fede, come le sei vittime di Almerìa: prima di gettarli in mare lo scafista camerunese li ha perquisiti. Cercava rosari e crocifissi. Simboli di un martirio senza voce.
Giuseppe Di Lorenzo – – IL GIORNALE