È bastato che il Comune chiedesse agli stranieri le certificazioni che attestano l’assenza di altre case all’estero per vedere scomparire buona parte dei pretendenti
L’aveva promesso in campagna elettorale ed ha mantenuto. Lei è Susanna Ceccardi, Primo Cittadino leghista di Cascina in provincia di Pisa (primo comune toscano amministrato dal Caroccio). “La casa, prima agli italiani”, aveva detto. E l’ha fatto. Perché nelle prime graduatorie per l’assegnazione dei contributi sugli affitti il 75% dei beneficiari è italiano. E italiani sono i primi dieci nomi in graduatoria.
Per ottenere questo risultato, rimasto pesantemente sullo stomaco ai buonisti della Sinistra, non ci sono volute particolari alchimie. È bastato applicare alla lettera la legge, chiedendo agli stranieri di dichiarare, con tanto di certificato autenticato emesso dall’ambasciata o dal consolato, se hanno proprietà nel Paese di origine. Equiparandoli in questo alle richieste fatte agli italiani. E, sorpresa, buona parte dei pretendenti, stranieri o clandestini, al solo pensiero di una verifica amministrativa sono scomparsi nel nulla. “Hanno paura di rivolgersi alle ambasciate”, ha dichiarato qualche giornale radical-chic, nel tentativo di giustificarli (come se le ambasciate non li tutelassero…).
A questa “versione di comodo” ha risposto Edoardo Ziello, assessore alle politiche sociali. Che ha detto: “La legge è stata arricchita da una particolare fonte, costituita dal Dpr 445/2000, che prevede la possibilità da parte della pubblica amministrazione di richiedere ai cittadini comunitari ed extracomunitari idonee certificazioni che attestano l’assenza di titolarità di diritti di proprietà o altri diritti reali all’estero, mediante una procedura che si avvale dell’ausilio dell’ambasciata o del consolato dello Stato di provenienza del cittadino non italiano”.
“Era piuttosto incomprensibile che i cittadini italiani fossero sottoposti alla verifica dei propri beni eventualmente posseduti in altre città, rispetto a Cascina, e ciò non valesse per tutti gli altri. Ora, chi sa di non avere diritto agli aiuti magari evita di chiederli”, ha detto l’assessore, precisando che “chi ha contribuito alla costruzione dell’attuale sistema di welfare, pagando per anni le tasse, se per qualche disgrazia si ritrova costretto a dover chiedere aiuto al Comune, deve essere messo al primo posto, rispetto a chi arriva dall’altra parte del mondo, poiché è grazie ai sacrifici degli italiani se tante persone straniere possono beneficiare di un sistema di welfare”.