“Case popolari, stesse regole per italiani e stranieri”. Il Pd vota contro

 

Esiste un modo per evitare che le case popolari (e non solo) vadano in larga parte agli stranieri, togliendo aria e diritti agli italiani in difficoltà.

Un cavillo burocratico, facile facile, ma di buonsenso: chiedere ai forestieri di certificare (documenti alla mano) di non avere proprietà mobili o immobili nei loro Paesi d’origine. La Lega Nord l’ha proposto a Bologna, ma il Pd si è opposto. Come sempre.

La proposta della Lega a Bologna

Il consigliere comunale Umberto Bosco (Lnd) ha presentato ieri un Ordine del giorno per impegnare la maggioranza a modificare i regolamenti comunali in modo da introdurre “l’obbligo per i cittadini stranieri di fornire la documentazione attestante la situazione patrimoniale all’estero, mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’autorità consolare che ne attesti la conformità all’originale“.

In sostanza, per ottenere i servizi sociali gli extracomunitari dovrebbero chiedere al loro consolato un certificato che provi di non avere beni nel Paese natale. Fino ad oggi il Comune si è fidato delle autocertificazoni, spesso farlocche, generando un’assurdità: gli extracomunitari vivono sulle spalle degli italiani, costretti invece a pagare le tasse e a trovarsi in fondo alle liste per l’assegnazione dell’asilo, delle case, del contributo di solidarietà e via dicendo.

I sudditi della Repubblica italiana, infatti, non possono nascondere le loro proprietà, gli immigrati sì. Per verificare lo stato patrimoniale di un cittadino bolognese basta collegarsi al server dell’Agenzia delle Entrate o al catasto, cosa impossibile per gli stranieri. “Non è infrequente – scrive Bosco nell’Odg – che cittadini stranieri, con ingenti patrimoni all’estero, possano facilmente accedere alle misure di sostegno, scavalcando gli altri richiedenti”.
Il successo di Cascina: casa prima agli italiani

Pretendere un documento dal governo di uno Stato estero è una mossa da azzeccagarbugli, va detto: diversi consolati non sono organizzati in tal senso. E così molti migranti risulterebbero esclusi a priori. Un cavillo usato per la prima volta dal sindaco di Cascina, Susanna Ceccardi, determinata nel fare in modo che in cima alla lista dei sussidi comunali finiscano gli italiani: dopo l’introduzione della nuova norma, a Cascina il 75% dei beneficiari di contributi pubblici è nato nel Belpaese. Un successo.

Il Pd vota contro

A Bologna però il Pd guidato da Virginio Merola si è detto contrario, promettendo di bocciarlo in commissione. “Quello che chiediamo è la semplice applicazione della legge e del buon senso – dice Bosco a ilGiornale.it – . Secondo il Capogruppo del partito di maggioranza, siccome esistono paesi in totale caos (Libia, Siria, Iraq, ecc.) i cui cittadini non possono per ovvie ragioni contare sui rispetti consolati, allora non si possono pretendere i documenti di nessuno forestiero, neanche se proviene da un paese stabile, dotato di un catasto e di un’agenzia delle entrate. In pratica, per non discriminare gli stranieri di diversi stati si preferisce discriminare solo gli italiani. In commissione proverò a spiegare al centrosinistra che in questo modo risultano discriminati anche gli immigrti effettivamente privi di patrimonio all’estero, sia mai che tirando in ballo i loro interessi, cambino posizione”.

A quanto pare il Pd preferisce gli immigrati ai poveri italiani, non c’è altra spiegazione.

IL GIORNALE