Vanno a braccetto il sindaco di Pisa, Marco Filippeschi e l’imam della città della torre pendente, Mohammed Khalil, palestinese residente in Italia dal 1981. Così a braccetto che il capo della comunità islamica è stato invitato a parlare alla festa de L’Unità di Riglione, quartiere periferico pisano. Ed è lì che quest’ultimo ha detto a chiare lettere che per lui il referendum consultivo che sarà indetto grazie alla volontà di 2.620 residenti (tanti hanno firmato per sostenere il comitato «No moschea») «va contro la Costituzione».
D’altronde il suggerimento era arrivato dallo stesso Filippeschi, che nei giorni scorsi, in un’intervista a Repubblica, aveva chiarito: «Chi si oppone alla costruzione di una Moschea è un po’ fuori dal mondo. Chi lo fa cercando di aggirare in modo ipocrita un principio della Costituzione, quello sancito dall’articolo 8, fa una forzatura discriminatoria inaccettabile e sarebbe ragionevole desistere da un’operazione tanto strumentale».
Khalil, invece, ci va giù duro: «Per quanto riguarda la religione musulmana, lo Stato italiano è assente, non sta facendo il suo dovere. Noi siamo cittadini italiani a tutti gli effetti e di fede islamica. Lo Stato non può continuare a ignorarci». E lo dice facendo finta di non sapere che i rappresentanti islamici in Italia, secondo quanto sancito dal comma 3 dello stesso articolo 8 della Carta, non ha ancora siglato un patto con quello stesso Stato che lui accusa di non fare abbastanza.
Insomma, una lotta «all’incostituzionalità» all’ultima stoccata. «Il referendum (per la moschea, ndr) – prosegue Khalil – è una presa in giro, va contro la Costituzione».
A rispondergli interviene proprio il presidente del comitato «No moschea» Luca Cuccu: «Dicendo che lo Stato è assente, l’imam mente spudoratamente. Che ci dice della consulta Islamica voluta da Pisanu? E del comitato per l’Islam italiano di Maroni? La verità è che lo Stato ci ha provato, ma l’Islam è litigioso, è diviso in decine comunità e questo è l’unico motivo per cui è l’unica religione a non aver siglato un’intesa. Spetta all’Islam – conclude – darsi una rappresentanza unitaria e porsi di fronte allo Stato italiano come un unico interlocutore e poi lavorare ad un patto d’intesa come previsto dalla Costituzione. Dice inoltre che il referendum è una presa in giro: lo aspetto per portarlo dalle 2.600 persone che hanno firmato per dirglielo in faccia». Entro tre mesi, come previsto dalla legge italiana.