Edifici pubblici, edifici privati. Le macerie lasciate dal terremoto sono al centro delle due inchieste aperte in questi giorni, una della Procura di Rieti e una dalla Procura di Ascoli. Nel fascicolo della procura reatina per il momento non ci sono nomi, solo ipotesi di reato: disastro colposo e omicidio colposo. La priorità per adesso è il riconoscimento delle vittime, poi però bisognerà accertare le responsabilità. Responsabilità “soggettiva”, che “può riguardare le autorità pubbliche, le ditte che hanno fatto i lavori ma anche i singoli cittadini”, scrive Il Messaggero.
Le inchieste, paradossalmente, potrebbero infatti coinvolgere anche eventuali superstiti, committenti degli interventi, qualora venisse accertato un mancato rispetto delle norme edilizie e antisismiche. L’attenzione degli inquirenti è rivolta anche e soprattutto a quegli edifici, recentemente ristrutturati, che invece non hanno retto all’onda d’urto del terremoto, come la scuola di Amatrice e il campanile di Accumoli.
Il lavoro delle due Procure sarà affiancato dall’antimafia e dall’autorità nazionale anticorruzione, guidata da Raffaele Cantone. “Come autorità ci occuperemo di alcune vicende che riguardano gli appalti pubblici. C’è la vicenda della scuola che per fortuna non ha fatto danni a persone ma se il terremoto si fosse verificato in un altro momento della giornata e in un altro periodo dell’anno, noi oggi saremmo a piangere un’altra vicenda tipo San Giuliano di Puglia. Su quella vicenda va fatta chiarezza”, ha detto Cantone.
“I guadagni dei clan cominciano proprio dal calcestruzzo scadente. Se un edificio è fatto bene e le norme sono state rispettate non viene giù: di fronte a un forte evento sismico può lesionarsi, non implodere e sparire. L’autorità anticorruzione fa bene il suo lavoro ma non basta, tocca a noi monitorare eventuali legami delle imprese con le mafie”, ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, in un’intervista a Repubblica, che ha assicurato: “Non si ripeterà lo scandalo dell’Irpinia”.