Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago, vedo che tanto un importante ministro francese quanto alcuni quaquaraquà che si autoproclamano sostenitori dei valori “occidentali” la buttano giù dura a proposito delle donne islamiche che se ne vanno in giro, anche al mare, intabarrate nei loro costumi che le coprono dalla testa ai piedi, e come se questo fosse un nodo centrale del nostro difficile rapporto con la cultura e la tradizione islamica.
Confesso che di quei costumi me ne strafotto come più non potrei. Talmente sontuosa è la mia sensibilità erotica, che quelle donne le trovo sexy con addosso quei costumi.
Alcuni anni fa, mentre stavo visitando non ricordo più quale museo di Istanbul, mi trovai davanti una ragazza bionda del Nord Europa modellata da un paio di shorts quanto di più esiguo e accanto a lei una ragazza catrafratta in un burqa totale. Non so dire quale delle due fosse più eccitante, e dire che me ne intendo.
Avendo superato gli studi della terza elementare lo so bene che alcune di quelle donne sono astrette a vestirsi così. Ovvio. Alcune altre no. E allora perché andare a romper loro i coglioni? Io inorridisco quando vedo alcuni colleghi (giornalisti) vestire come vestono, ossia con giacche e pantaloni da beccamorti.
Non per questo rompo loro i coglioni. Ognuno faccia e si abbigli come vuole. Donne e uomini. C’è ben altro su cui discutere e contendere. Non so se io fossi un gran che a vent’anni, quando portavo capelli lunghi fino alle spalle, maglioni stracolorati che facevano a pugni con il colore dei pantaloni; e per giunta passavo la gran parte del mio tempo a fabbricare una rivista di cultura intrisa negli umori dell’antifascismo il più radicale.
Mio padre era stato fascista, detestava i capelli lunghi, disapprovava vivamente la minigonna talmente corta della mia (adorata) fidanzatina di allora. Non ha mai detto una parola contro i capelli lunghi, contro la minigonna, né contro la rivista che insultava la sua giovinezza. Mai una sola parola.
Quando non sapevo come pagare i conti della tipografia che stampava quella rivista, mi prestò i soldi per farlo. Aspettò che raschiassi da me e capelli lunghi e antifascismo tronfio. Il motivo per cui l’ho sempre adorato e tuttora, a quarant’anni dalla sua morte, mi strazia il solo ricordarlo.
Giampiero Mughini