Un pezzo di costume e società di Gianmarco Landi
IL CASO DEL BOLOGNESE G. VACCHI
Non conosco Gianluca Vacchi, né mi interessa difenderlo per partito preso, ma quello che fa nei suoi video si chiama marketing, ed esso può essere meritorio quando è finalizzato a vendere prodotti italiani, sebbene non abbiano nulla da spartire con il core business di famiglia, il packaging. In un certo senso pero’ anche lui propone di impacchettare qualcosa, certo non un farmaco ne’ un mazzetto di sigarette, ma un’entità immateriale, cioè uno stile spensierato di godersi la vacanza, che comprende posti, cibo, vestiti etc…
Ma perché il cinquantenne figlio di papà ha tanti click? Forse perché ha saputo bucare, infatti oltre alla forma fisica atletica ha sfoggiato un look con i capelli bianchi molto carismatico, scatenando meccanismi di identificazione/aspirazione anche nei non più giovani. Con l’occasione è utile costatare un ‘caso’ bolognese parallelo che forse non tutti conoscono: il marchio Tonino Lamborghini che in Russia e Cina sta facendo sfracelli, tra alberghi, eventi e oggettistica di particolarissimo design, diventando un must tra le upper class di grandi paesi diventati capitalistici e ricchi quasi quanto l’Italia ( a livello pro capite).
Quando gironzolavo per la Bassa di Bologna in cerca di consensi critici sulla governance della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, sentivo parlare male di questo Tonino Lamborghini, reo di essere il classico figlio di papà incapace di mandare avanti l’azienda , in effetti le macchine oggi le fanno i tedeschi e lui non produce nulla di realmente fatto o concepito da lui, come aveva fatto Ferruccio durante l’Italia del Boom. In sostanza però non è proprio così ed il figlio di papà è assai presunto, infatti è un imprenditore bravo forse anche più del padre, cosa che diventa oggettiva se considerassimo il giro di soldi effettivo. Pensiamo alla sola Cina, un popolo 20 volte e oltre più grande di quello italiano: i Lamborghini hotel sono il top dei top level e tutti i grandi uomini di affari del Mondo che si recano in Cina vi soggiornano, facendo importanti eventi in questi hotel, poiché i cinesi, i cui milionari ormai sono alcune decine di milioni, percepiscono il marchio Lamborghini e lo stile ancorato alla esasperata ricerca della velocità come un’icona eccelsa e accessibile ai pochi fortunati, sebbene a noi italiani tutto ciò possa apparire sgargiante, eccessivo e addirittura ‘cafonal’.
Certo, in Italia storciamo il naso non senza ragioni, io tra i primi, pensando che divani di pelle rossa o mobili laccati a forma di autovetture, piuttosto che orologi a forma di volante o marmitte usate come statue, possano essere il plus di un hotel a 5 stelle, ma quello che pensiamo e facciamo noi, in questo piccolo angolo di Mondo, ha scarsa valenza se non lo contemperiamo nel senso di come gli altri lo vedono e ci vedono da altre prospettive esistenziali. Perciò prima di giudicare bisognerebbe capire cosa fa questo Vacchi, che è sicuramente bizzarro a non porsi come un ortodosso capitano di industria di impacchettatrici, come il padre, bensì come l’animatore del villaggio globale dei privilegiati. Ma fare questa cosa dei video è proprio da stronzi? A prima vista si, in realtà, riflettendo, assolutamente no. I suoi video sono spot indirizzati a tutti i milionari e miliardari del Mondo, che lui conosce o che conoscono quelli che conosce lui, e oltre all’implicito messaggio di comprare i suoi prodotti e a frequentare i posti che lui frequenta, un po’ come faceva Giovanni Rana su Canale 5 con i suoi Tortellini, c’è il paradigma di un italiano che ‘spiega’ come è la Dolce Vita oggi, con un coraggio e un carisma tipicamente tricolore. Nel suo piccolo, quindi, anche questo stronzo è un genio italico, il classico genio che suscita invidia ma attira l’attenzione e orienta gli altri.
Per poter stare tutti meglio qui, in Italia, forse dovremmo volerci più bene, stimarci di più, bandire l’invidia ( un peccato capitale) e non detestare le persone ricche e dotate di coraggio, carisma e perciò di qualche possibilità. Se arrivassero molti più yatch nei nostri porti e molti più aerei privati nei nostri aeroporti, e se tutti i milionari del Mondo vestissero sempre di più esclusivamente italiano, anche grazie al piccolo contributo del neo animatore bolognese su Istagram, l’economia italiana se ne gioverebbe, ma soprattutto prenderebbe sempre più corpo l’unico vantaggio competitivo che i nostri manufatti e servizi immateriali possono avere nel Mondo, cioè il vantaggio di differenziazione e di unicità del made in Italy, cioè il nostro passato e il nostro futuro.
Come direbbe l’Albertone Nazionale nei panni del decadente Marchese del Grillo, che però non cadeva mai, deve essere così perché Noi siamo Noi, e gli altri non sono un cazzo.