Roma, donna morsa da un ratto: 72 ore da incubo

 

topi-rattoUna piazza centralissima di Roma, Piazza San Cosimato a Trastevere, sede di un noto mercato rionale, di un frequentatissimo parcogiochi per i bambini, e meta notturna dell’estate romana. E’ qui che Valentina Fatuzzo, romana residente a Monteverde, giovedì 7 luglio è stata morsa da un ratto mentre conversava con degli amici su una panchina pubblica, dopo essere stata in un cinema della zona. Da mesi la capitale è in preda all’emergenza-topi, con avvistamenti ovunque e la chiara percezione che i roditori siano in aumento. Ma per Valentina l’emergenza è diventata anche medica.

Ecco il racconto, nelle sue parole.”Sono in piazza con un gruppo di amici, stiamo chiaccherando, sento qualcosa che si arrampica sulla mia gamba e poi sento un morso. Ma non realizzo perché ho pochissimo tempo per rendermi conto che sono stata ‘assaggiata’ da un ratto. L’istinto è stato quello di muovere la gamba per liberarmi perché lui era ancora con me, agganciato”.

Valentina si precipita alla guardia medica di Via Morosini, a poche decine di metri, dove la ferita viene disinfettata. “Esco da lì con una ricetta di antibiotico ad ampio spettro da prendere immediatamente – dice – e l’idea di dovermi recare la mattina dopo, il prima possibile, perché comunque ho un tempo limitato, entro le 24 ore, al centro antirabbico dell’università La Sapienza”.Ma a Piazzale Aldo Moro Valentina scopre che il centro antirabbico è un padiglione fantasma. Nessuno sa dirle nulla, e così, molto preoccupata, chiama un amico medico che le dice di andare subito al Policlinico Umberto I, al Centro di igiene e malattie tropicali. Lì c’è in effetti il presidio antirabbico, ma funziona solo dalle 10 alle 12,30. Quando i medici arrivano, spiegano che per i morsi da ratto i protocolli sono cambiati, non si fa più l’antirabbica, ma l’antitetanica. Oltre alla profilassi passiva del vaccino antitetano, è consigliabile anche una profilassi attiva, con la somministrazione di immunoglobuline, un emoderivato, quindi un farmaco ad alto rischio, che potrebbe comportare malattie epatiche gravi.

“Devo firmare una rinuncia al trattamento antirabbico per poter procedere con quello antitetanico. Mi aspetto di essere assistita all’interno del pronto soccorso del Policlinico. In realtà esco da lì con una ricetta di un farmaco di difficile reperimento, un farmaco molto costoso, che le farmacie mi negano perché non vogliono avere realmente la responsabilità di vendere un emoderivato”.Valentina, sempre più allarmata, prova a recarsi a un altro pronto soccorso, quello del San Giovanni.

“Sembra tutto difficilissimo, è molto grottesco e surreale perché al di là dello stress psicologico non c’è l’informazione dovuta, non c’è un supporto, un sostegno. Mi imbatto in una dottoressa che mi fa presente che il farmaco è molto rischioso e secondo lei io dovrei tornare a casa e non fare nulla. Ritorno dalla caposala che mi è solidale e riusciamo attraverso un consenso informato a sbloccare questa situazione che è molto penosa, e finalmente queste 500 unità di antitetanica attiva mi vengono iniettate”.

Vengono buttate via le scatole dei farmaci, io vado invece a riprendere le confezioni e riesco con i codici a barra a mantenere il riferimento”.Ma non è finita. A Valentina è stato detto che il vaccino contro il tetano (antitetanica passiva) deve essere somministrato entro un mese dal morso, ma lei a questo punto non si fida più e il giorno dopo, lunedì 11 luglio, si reca al centro vaccini di Via Ozanam, a Monteverde. Qui le dicono che invece il vaccino va fatto al più presto, e le fanno subito la prima puntura.Dal morso del topo a Piazza San Cosimato sono passate più di 72 ore. (askanews)