L’Italia accoglie “per motivi umanitari” ex detenuto della base di Guantanamo

 

Yahia-Suleiman

L’Italia, acconsentendo alla richiesta degli Stati Uniti, ha accettato l’istanza di Fayiz Ahmad Yahia Suleiman, cittadino yemenita detenuto nel campo della base di Guantanamo, di essere accolto in Italia per motivi umanitari.

La decisione del governo italiano è in linea con la dichiarazione congiunta UE-USA del 15 giugno 2009 a sostegno della chiusura del campo di detenzione e con la Dichiarazione della Commissione Europea dell’aprile 2013.

Lo scrive spudoratamente il sito della Farnesina

Il Pentagono, nel darne notizia, ha sottolineato che gli Usa sono “grati” al governo italiano per la decisione e per il sostegno al piano del presidente Barack Obama di chiudere il campo di detenzione i cui prigionieri, dopo il rilascio dello yemenita destinato all’Italia, scenderanno a 78.

Dei 78 prigionieri ancora a Guantanamo, 28 sono, come Suleiman, considerati dalle autorita’ Usa “trasferibili” in un altro Paese ma che non puo’ essere quello d’origine dove rischierebbero di finire di nuovo in prigione o peggio.

Obama, che il 20 gennaio 2009, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, promise solennemente di chiudere Guantanamo, non riuscira’ a vedere realizzato questo obiettivo entro la fine del suo mandato, a gennaio 2017. Il Congresso, ora a maggioranza repubblicana ma anche quando i democratici avevano la maggioranza in Senato, ha sempre boicottato i progetti del presidente di trasferire negli Usa i detenuti. Peraltro la liberazione di alcuni dei prigioni passati da Guantanamo non si e’ rivelata una scelta oculata, come e’ spesso accaduto agli americani, ad esempio con il leader di Isis, Abu Bakr al Baghdadi rilasciato da Camp Bucca in Iraq nel 2004. S

econdo le statistiche della stessa amministrazione Usa il 13% dei detenuti liberati dopo l’insediamento di Obama hanno ripreso le armi. Tra questi 14 hanno partecipato ad attacchi in cui sono morti americani, ha riferito l’inviato speciale di Obama per la chiusura di Guantanamo, Paul Lewis. (con fonte AGI)