Il popolo inglese si e’ democraticamente espresso per l’uscita dall’Unione Europea, ma questo ha scatenato il sordo rancore delle cosiddette “elites” intellettuali, politiche ed economiche , che hanno riversato sui fautori del “Leave” insulti e contumelie che non si registravano da tempo.
Questa arroganza del “milieu”politico-intellettuale europeo (in Italia ben rappresentato dai Servegnini, dai Serra, dalle Melandri di turno..) nei confronti degli inglesi, in particolare di quelli residenti nei piccoli borghi agricoli che si sono a grande maggioranza espressi per la Brexit ( la cosiddetta Inghilterra profonda, rurale e operaia, cristiana e attaccata a valori profondi), richiama altri razzismi, non meno deleteri, che hanno contrassegnato gli ultimi due secoli e mezzo della storia europea. Mi riferisco a quello dei giacobini francesi, rivoluzionari estremisti e massoni , che sterminarono (sul finire del 18′ secolo) i contadini della Vandea, colpevoli di essere fedeli alla Francia cristiana e monarchica e di non assecondare il nuovo regime sanguinario e terrorista; mi riferisco al razzismo dei massoni italiani verso il popolo meridionale all’indomani della “risorgimento” italico (anche questo finanziato ed attuato dalle logge in chiave anticattolica ed antipopolare) : i resistenti alla sanguinosa occupazione sabaudo massonica vennero sprezzantemente etichettati come “briganti”, e per questo deportati e giustiziati a migliaia. Mi riferisco infine al razzismo dei bolscevichi sovietici contro i contadini, colpevoli di non assecondare il comunismo, e per questo repressi, deportati, lasciati morire di fame, uccisi.
C’e’ un filo rosso, come si vede, che unisce gli ultimi due secoli e mezzo, e che, dettato dal regime illuministico massonico dominante (vogliamo chiamarlo “politicamente corretto”?) , relega gli oppositori del “pensiero unico” al ruolo di esseri inferiori, da disprezzare, denigrare, quando non sterminare . Un razzismo che la dice lunga sul concetto di democrazia di parte delle cosiddette “elites”. Un razzismo che sa tanto di zolfo.
Vincenzo Merlo