Economist: i tecnocrati hanno sbagliato, la moneta unica sta facendo a pezzi l’Europa

 

I tecnocrati hanno commesso degli errori e a pagarne il prezzo è stata la gente comune. Questo è il mea culpa del settimanale finanziario britannico The Economist che dedica quasi un’ intera uscita all’ analisi delle ragioni della Brexit e del futuro della Gran Bretagna.

anti-euro

«Stagnazione e disoccupazione», scrive il giornale, «sono figlie di una moneta unica imperfetta», definita uno «schema tecnocratico per eccellenza» che «sta facendo a pezzi l’ Europa».

Gli strumenti finanziari elaborati hanno ingannato i regolatori, schiantato l’ economia mondiale causando salvataggi delle banche finanziati dai contribuenti, oltre ai tagli di bilancio. Le colpe, secondo l’ Economist, non sarebbero da attribuirsi alla globalizzazione in sé ma alla gestione politica di essa: invece di diffonderne i benefici, «i politici si sono concentrati altrove».

L’ ottimismo per una Gran Bretagna più forte fuori dall’ Unione Europea e la rabbia diffusa hanno rappresentato, secondo il settimanale britannico, le ragioni della vittoria della Brexit nel referendum del 23 giugno scorso. Un sentimento, causato dall’ immigrazione, dalla globalizzazione, dal liberalismo sociale ma anche dal femminismo, che si è tradotto nelle urne in un voto contro l’Ue.

Il fronte per la Brexit nel Regno Unito, Donald Trump in America e Marine Le Pen in Francia esprimono il disagio di un gran numero di persone che cerca di far sentire la loro vuoi al di fuori del mainstream che non garantisce loro spazio, scrive l’ Economist. E a meno che non si ricredano sull’ efficacia dell’ ordine globale a loro vantaggio, la Brexit “rischia di essere solo l’ inizio di un disfacimento della globalizzazione e della prosperità che essa ha generato”.

La soluzione per i liberali, secondo il settimanale che definì «inadeguato» l’ allora premier Berlusconi, è riscoprire i concetti fondamentali della loro dottrina che dipendono dalla fiducia nel progresso purché sia rispristinata la mobilità sociale e garantito, attraverso la concorrenza e lo smantellamento dei privilegi, che la crescita economica si traduca in un aumento dei salari.

Gabriele Carrer per “Libero quotidiano”