Telegraph, Pritchard: “L’Unione Europea è sempre stata un progetto della Cia”

Ambrose Evans Pritchard, sul Telegraph, argomenta che, per quanto giuste siano le motivazioni del Brexit, i suoi sostenitori, al contrario degli altri movimenti euro-scettici, si sono illusi fino alla visita di Obama in UK di essere supportati oltre oceano; non hanno colto due aspetti fondamentali: che la UE è da sempre un progetto strategico americano finanziato dalla CIA e che l’establishment al governo nell’intero Occidente vede l’Unione Europea come il vacillante Impero Ottomano del 19° secolo e il Brexit come un atto di vandalismo strategico che rischia di favorire le potenze che sfidano l’egemonia anglosassone. La verità è che i sostenitori del Brexit non hanno ancora fornito una visione del futuro della Gran Bretagna post-Brexit che respinga per il paese le illusioni di poter non avere responsabilità globali, rischiando di trovarsi a litigare con il resto dell’Occidente. VOCI DALL’ESTERO

President George W Bush visits CIA Headquarters, March 20, 2001.

di Ambrose Evans Pritchard

I sostenitori del Brexit avrebbero dovuto essere preparati all’intervento dirompente degli Stati Uniti. L’Unione Europea è sempre stata un progetto americano.

E’ stata Washington a guidare l’integrazione europea alla fine degli anni ’40, e a finanziarla di nascosto sotto le amministrazioni Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson e Nixon. Anche se a volte si sono innervositi, fin da allora gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sulla UE come l’ancora degli interessi regionali americani assieme alla NATO.

Non c’è mai stata una strategia divide et impera.

Il campo euro-scettico è stato stranamente insensibile a questo, e in qualche modo ha supposto che forze potenti di là dell’Atlantico stessero incoraggiando la secessione britannica, salutandoli come liberatori.

Il movimento anti-Bruxelles in Francia – e in misura minore in Italia e in Germania, e nella sinistra scandinava – parte dal presupposto opposto, che l’Unione Europea è essenzialmente uno strumento del potere e del ‘capitalisme sauvage’ anglo-sassone.

marine le penMarine Le Pen in Francia è causticamente anti-americana. Si scaglia contro la supremazia del dollaro. Il suo Fronte Nazionale dipende da finanziamenti di banche russe legate a Vladimir Putin.

Piaccia o no, questo almeno è strategicamente coerente.

La Dichiarazione Schuman che ha dato il tono alla riconciliazione franco-tedesca – e avrebbe portato a tappe verso la Comunità Europea – è stata cucinata dal segretario di Stato Dean Acheson in una riunione a Foggy Bottom. “Tutto è cominciato a Washington”, ha detto il capo dello staff di Robert Schuman.

E’ stata l’amministrazione Truman ad intimidire i francesi per far loro raggiungere un modus vivendi con la Germania nei primi anni del dopoguerra, anche minacciando di tagliare il piano Marshall in un furioso incontro con i recalcitranti leader francesi nel settembre 1950.

Il movente di Truman era evidente. L’accordo di Yalta con l’Unione Sovietica si stava incrinando. Voleva un fronte unito per scoraggiare il Cremlino da un’ulteriore espansione dopo che Stalin aveva inghiottito la Cecoslovacchia, a maggior ragione dopo che la Corea del Nord comunista aveva attraversato il 38 ° parallelo invadendo il Sud.

Per gli euroscettici britannici, Jean Monnet aleggia nel pantheon federalista, eminenza grigia della malvagità sovranazionale. Pochi sono consapevoli del fatto che Monnet ha trascorso gran parte della sua vita in America, e che ha servito come gli occhi e le orecchie di Franklin Roosevelt in tempo di guerra.

Il Generale Charles de Gaulle pensava che fosse un agente americano, come del resto era, in senso lato. La biografia di Monnet a cura di Eric Roussel rivela come egli abbia lavorato a braccetto con le amministrazioni successive.

E’ strano che questo imperioso studio di mille pagine non sia mai stato tradotto in inglese dal momento che è il miglior lavoro mai scritto sulle origini della UE.

Né molti sono a conoscenza dei documenti declassificati degli archivi del Dipartimento di Stato che mostrano che lo spionaggio degli Stati Uniti ha finanziato di nascosto il movimento europeo per decenni, e ha lavorato in modo aggressivo dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna nel progetto.

Come ha riportato per primo questo giornale quando il tesoro è stato reso disponibile, un memorandum del 26 luglio 1950 ha rivelato una campagna per promuovere un Parlamento europeo a tutti gli effetti. È firmato dal Generale William J. Donovan, capo dell’Office of Strategic Services (OSS) americano al tempo di guerra, precursore della Central Intelligence Agency (CIA).

La facciata chiave della CIA è stato l’American Commitee for United Europe (ACUE) [Comitato Americano per l’Europa Unita, ndT], presieduto da Donovan. Un altro documento mostra che nel 1958 questo organismo ha fornito il 53,5 per cento dei fondi del Movimento europeo. Il consiglio direttivo includeva Walter Bedell Smith e Allen Dulles, direttori della CIA negli anni Cinquanta, e una casta di funzionari ex-OSS che si si muovevano dentro e fuori dalla CIA.

I documenti dimostrano che l’ACUE ha trattato alcuni dei ‘padri fondatori’ della UE come braccianti, e ha attivamente impedito loro di trovare finanziamenti alternativi che avrebbero spezzato la dipendenza da Washington.

Non c’è nulla di particolarmente malvagio in questo. Gli Stati Uniti hanno agito astutamente nel contesto della guerra fredda. La ricostruzione politica dell’Europa è stata un successo strepitoso.

Ci sono stati errori di valutazione orribili lungo la strada, naturalmente. Una nota del 11 giugno 1965 indica al vicepresidente della Comunità Europea di perseguire l’unione monetaria di nascosto, sopprimendo il dibattito fino a quando “l’adozione di tali proposte sarà diventata praticamente inevitabile”. E’ stato troppo furbesco, come oggi possiamo vedere dalle trappole del debito-deflazione e dalla disoccupazione di massa in tutta l’Europa meridionale.

In un certo senso, queste carte sono storia antica. Quello che mostrano è che lo ‘Stato profondo‘ americano c’era dentro fino al collo. Possiamo discutere se la settimana scorsa Boris Johnson ha attraversato un confine riesumando la “discendenza parzialmente Kenyana” del presidente Barack Obama, ma l’errore cardinale è stato quello di supporre che la minaccia commerciale di Obama avesse qualcosa a che fare con le traversie del nonno in un campo di prigionia Mau Mau. Aria fritta della politica estera americana.

obamaSi dà il caso che Obama potrebbe comprensibilmente sentire rancore per gli abusi della repressione Mau Mau che sono venuti alla luce di recente. E’ stato un crollo vergognoso della disciplina della polizia coloniale, che ha disgustato i funzionari veterani che hanno servito in altre parti dell’Africa. Ma il messaggio che arriva dal suo straordinario libro – ‘I sogni di mio padre’ – è che egli si sforza di superare rancori storici.

I sostenitori del Brexit traggono conforto dal candidato repubblicano Ted Cruz che vuole che una Gran Bretagna post-Brexit salti “in prima linea per un accordo di libero scambio”, ma sta semplicemente mettendo fieno in cascina alla propria campagna. Il signor Cruz si conformerà agli imperativi di Palmerston secondo Washington – qualunque essi possano essere in quel momento – se mai entrerà alla Casa Bianca.

E’ vero che l’America ha avuto dei ripensamenti sull’UE quando ideologi fanatici salirono alla ribalta nei tardi anni ’80, rielaborando l’Unione come una superpotenza rivale con l’ambizione di sfidare e superare gli Stati Uniti.

John Kornblum,direttore degli Affari Europei del Dipartimento di Stato negli anni ’90, dice che è stato un incubo cercare accordi con Bruxelles. “Mi sono ritrovato completamente frustrato. [La UE] è totalmente disfunzionale in ambito militare, della sicurezza e della difesa”.

Il signor Kornblum sostiene che l’UE “ha psicologicamente abbandonato la NATO” quando ha cercato di costruire una propria struttura di comando militare, e lo ha fatto con la consueta ostentazione e incompetenza. “Sia la Gran Bretagna che l’Occidente starebbero di gran lunga meglio, se la Gran Bretagna fosse fuori dall’Unione Europea,” ha detto.

Questo punto è interessante, ma è una visione minoritaria nei circoli politici degli Stati Uniti. La frustrazione se ne è andata quando la Polonia e la prima ondata di stati dell’Est europeo hanno aderito all’UE nel 2004, portandovi una compagine di governi atlantisti.

Sappiamo che non è certo una storia d’amore. Un alto funzionario degli Stati Uniti (Victoria Nuland, ndr) è stato registrato due anni fa in una intercettazione telefonica mentre congedava Bruxelles con parole lapidarie durante la crisi ucraina, “si fotta l’Unione Europea”.

Eppure, la visione che tutto pervade è che l’ordine liberale occidentale sia sotto triplice assalto, e l’UE deve essere appoggiata, tanto quanto la Gran Bretagna e la Francia appoggiarono il vacillante Impero Ottomano nel 19° secolo – e saggiamente dato che il suo lento crollo ha portato direttamente alla prima guerra mondiale.

Le minacce combinate di oggi arrivano dal terrore jihadista e da una serie di Stati falliti in tutto il Maghreb e il Levante; da un regime paria altamente militarizzato a Mosca che sarà presto a corto di soldi, ma ha una finestra di opportunità prima che l’Europa si riarmi; e da una crisi estremamente pericolosa nel Mar Cinese Meridionale che sta aumentando di giorno in giorno, mentre Pechino mette alla prova la struttura dell’alleanza statunitense.

I pericoli provenienti dalla Russia e dalla Cina sono ovviamente interconnessi. E’ probabile – i pessimisti dicono certo – che Vladimir Putin colga l’opportunità di un grave scoppio di rabbia tra i paesi affacciati sul Pacifico per tentare la fortuna in Europa. Agli occhi di Washington, Ottawa, Canberra, e di quelle capitali in tutto il mondo che in linea di massima vedono la Pax Americana come un plus, per la Gran Bretagna questo non è il momento di lanciare un candelotto di dinamite dentro al traballante edificio europeo.

La terribile verità per la campagna a favore dell’uscita dalla UE è che l’establishment al governo nell’intero Occidente vede il Brexit come vandalismo strategico. Giusto o no, i sostenitori del Brexit devono rispondere a questo rimprovero. Pochi, come Lord Owen, capiscono la portata del problema. La maggior parte sembrava allegramente inconsapevole fino a quando Obama non è arrivato in città la scorsa settimana.

A mio avviso, il campo del Brexit dovrebbe esporre i piani per aumentare la spesa per la difesa del Regno Unito da mezzo a 3 punti percentuali del PIL, impegnandosi a spingere la Gran Bretagna al primato, come potenza militare indiscussa d’Europa. Dovrebbero mirare a legare questo paese più strettamente alla Francia in un’alleanza per la sicurezza ancora più profonda. Questo tipo di mosse almeno spunterebbe una delle armi più grandi del Progetto Paura.

I sostenitori del Brexit dovrebbero reprimere qualsiasi suggerimento che l’abbandono dell’UE significhi ritrarsi dalla responsabilità globale, o strappare la Convenzione europea (quella Magna Carta della libertà abbozzata dai britannici, non dalla UE), o girare le spalle agli accordi COP21 sul clima, o qualsiasi altro dei febbrili flirt del movimento.

È forse troppo aspettarsi un piano coerente da un gruppo disparato, tirato artificialmente insieme dagli eventi. Eppure molti di noi che sono in sintonia con il campo del Brexit, che vogliono riprendersi anche il nostro autogoverno sovrano e sfuggire alla supremazia fasulla e usurpata della Corte Europea di Giustizia, devono ancora sentire come i sostenitori del Brexit pensano che possa avvenire questo divorzio senza colossali danni collaterali e in modo coerente con l’onore di questo paese.

Si può litigare con l’Europa, oppure si può litigare con gli Stati Uniti, ma litigare con tutto il mondo democratico, allo stesso tempo, è sfidare il destino.

La Cia ha finanziato gli europeisti tramite le fondazioni Rockefeller e Ford