L’aereo italo-russo Sukhoi Superjet -100 è stato venduto al suo primo cliente europeo, l’irlandese CityJet. Sebbene si tratti di un contratto da 1 miliardo di dollari e centinaia di posti lavoro, la cerimonia di consegna dell’aereo è stata ignorata dalla stampa e le autorità italiane.
A Venezia si è svolta la cerimonia di consegna dell’aereo SSJ-100 della Superjet International, un progetto da sempre ritenuto fiore all’occhiello della collaborazione fra l’Italia e la Russia. La joint venture è nata dalla cooperazione fra la russa Sukhoi e l’italiana Leonardo-Finmeccanica.
All’evento, dove oltre ai vertici delle società coinvolte era presente il ministro dell’Industria e del Commercio russo Denis Manturov, non vi era stranamente nemmeno un rappresentante del governo Renzi.
— Evgenij, in che atmosfera si è svolta la cerimonia a Venezia?
— L’atmosfera era molto bella, erano presenti per l’occasione tante autorità russe, fra cui il ministro dell’Industria e del Commercio Denis Manturov, il presidente della United Aircraft Corporation Jurij Sljusar’. Ovviamente era presente il presidente della Superjet International Filippo Bagnato e l’ad della compagnia Nazario Cauceglia.
A grande sorpresa, mancavano le autorità italiane. Come gesto diplomatico sarebbe stato giusto che venisse il ministro dello Sviluppo economico Calenda. Non ha nemmeno mandato alla cerimonia il viceministro o il sottosegretario. Non c’era nessun rappresentante del governo Renzi. Non è stato trasmesso né un telegramma, né un saluto, che è la prassi nei casi di assenza di un ministro.
È stato ad ogni modo un grande evento, si tratta della prima vendita di un aereo italorusso all’Europa.
— Possiamo dire che nonostante le sanzioni e un clima politico teso, la collaborazione fra Italia e Russia continua, questo progetto ne è una dimostrazione?
— Assolutamente sì. I rapporti fra le nostre società continuano. Qui si trattava dell’italiana Finmeccanica e il consorzio russo Sukhoi, ma i rapporti continuano anche in altri settori, come quello energetico, fra Eni e Gazprom. Un conto sono i politici, i capi d’azienda sono tutta un’altra storia e sono ben contenti di collaborare con la Russia. Al di là di tutto, i rapporti sono positivi.