In principio fu Kung Fu Panda e i suoi “due papà” e avendo sommessamente lanciato un primo allarme venni descritto da Fabio Volo a Radio Deejay come un drogato bisognoso di psicofarmaci, suscitando esecrazione perché mi ero permesso di questionare i sacri cartoni animati americani latori di messaggi solo positivi per i bambini. Ora arriva il sequel di Alla ricerca di Nemo e nel trailer infilano quella che sembra una “famiglia omogenitoriale”, due mamme e nessun papà, senza darci spiegazioni e costringendoci all’inevitabile dibattito. Nel frattempo la lobby lgbt si mobilita per trovare “una fidanzata a Elsa”, la principessa protagonista di Frozen, altro cartone animato americano di successo planetario nonché abito di carnevale preferito da mia figlia Clara, cinque anni. Vogliono in sostanza che nel sequel la protagonista sia lesbica. Per preparare la strada affidano la voce protagonista del sequel di Alla ricerca di Nemo a Ellen De Generes, l’icona lesbo più nota degli Stati Uniti d’America. Troppi indizi perché non sia costituita la prova: effetto immediato della sentenza sul same sex marriage della Corte suprema americana è l’avvio di un’operazione di lavaggio del cervello sulla natura delle strutture familiari derivanti dai rapporti sentimentali, che ha come oggetto i bambini in età prescolare. Questa è l’ideologia del gender, questo è ciò di cui gli lgbt negano persino l’esistenza descrivendoci come matti che vedono l’asino volare, quando invece puntano dritti a modificare gli elementi basilari di riferimento dei bambini, primo fra tutti quell’elemento fondamentale di riferimento dell’esistenza di ogni bimbo al mondo che si chiama mamma e papà.
Frozen è il nono film più visto della storia del cinema. Alla ricerca di Nemo è il trentacinquesimo film più visto della storia del cinema. Limitatamente ai cartoni per bambini Frozen ha registrato il più alto incasso di tutti i tempi e Alla ricerca di Nemo è al sesto posto. Stiamo parlando di mega-blockbuster che finiranno sotto gli occhi di centinaia di milioni di bimbi tra i tre e i sei anni, formandone l’immaginario. Se la nostra generazione è stata formata dalle lacrime versate per la mamma di Bambi uccisa dal cacciatore o per il papà di Simba che si sacrifica morendo per salvarlo dalla carica degli gnu scatenata dal fratello ambizioso e crudele, vorrebbero formare i nostri bimbi con dosi sempre più forti di ideologia gender in cui le figure genitoriali devono essere il più possibile confuse. Davvero qualcuno può credere che l’investimento su questo territorio così cruciale della comunicazione (stiamo parlando di prodotti con incassi che si contano in miliardi di dollari) sia semplicemente casuale, svincolato dalla dittatura della lobby lgbt che domina Hollywood e da lì vuole muovere alla conquista del mondo avendo come primo obiettivo quello di denigrare chi può resistere a questa pericolosa avanzata, cioè la Chiesa? Vi ricordate quale film non trascendentale ha fatto man bassa di Oscar di prima fascia, semplicemente perché aveva messo nel mirino le malefatte (reali) della Chiesa americana? C’erano film che dal punto di vista artistico meritavano immensamente di più, ma doveva vincere Spotlight. Perché c’è un disegno preciso che muove questi interessi.
Finché la discussione si focalizza in un dibattito tra adulti siamo persino disposti a sopportare. Ma se l’assalto viene portato surrettiziamente sulle menti dei nostri bambini, la risposta non potrà che essere netta e radicale partendo dal boicottaggio immediato dei prodotti delle aziende che questo assalto stanno tentando. Inoltre la denuncia sarà pubblica e continua, come continua sarà la richiesta di luoghi di confronto adeguato dove ci venga spiegato da dove arriva tanta determinazione a voler seguire l’arcobalenata moda corrente.
Quando presentammo il simbolo del Popolo della Famiglia un esponente molto noto di una associazione Lgbt si spinse fino a dichiarare che non doveva esserci consentita la presentazione alle elezioni perché eravamo dichiaratamente omofobi per via della scritta “no gender nelle scuole” che campeggia in rosa nella parte alta del nostro logo. Io ho ribadito in tutte le salse la mia lontananza da qualsiasi opzione omofoba, ho spiegato ovunque di non aver mai scritto neanche mezza riga contro gli omosessuali (pur ricevendo quotidianamente dal loro mondo tonnellate di insulti irripetibili che hanno riguardato e riguardano anche la piccola Clara), ma allo stesso ribadisco che la ragion d’essere del Popolo della Famiglia è costruire un baluardo contro l’offensiva dell’ideologia gender nei confronti dei nostri figli. Lasciate stare i bambini.
Purtroppo il prossimo anno scolastico sarà caratterizzato da un’offensiva feroce e ferocemente finanziata di corsi “contro il bullismo omofobico” che altro non saranno che propaganda all’omogenitorialità e all’omosessualità. I cartoni animati accompagneranno questa offensiva da cui dovremo difendere i nostri bambini. Il Popolo della Famiglia vuole andare al governo delle città anche per impedire che nelle scuole comunali vengano dettati questi programmi e solo un’opzione di tipo politiche può garantire le mamme e i papà su questo piano. La convegnistica e i tentativi di pressione esterna sul ministero dell’Istruzione si sono dimostrate armi spuntate. Semplicemente, non ci ascoltano. La difesa dei nostri figli passa dall’affermarsi di un soggetto politico che “no gender nelle scuole” l’ha scritto nel proprio simbolo perché ce l’ha scritto nel proprio dna.
Poi non diciamo di non essere stati avvertiti. Abbiamo lanciato l’allarme fin da Kung Fu Panda beccandoci i frizzi e i lazzi dei buffoni di corte profumatamente pagati da Dreamworks e per questo proni ai suoi voleri e alle sue strategie di lancio del cartone. Strategia di lancio copiata direttamente da Disney con il caso del sequel di Alla ricerca di Nemo. Se poi davvero si applicherà il cliché lesbico alla protagonista di Frozen, la potenza del messaggio diventerà devastante quanto a capacità pervasiva. Occorre cominciare da subito e tirare su i ponti levatoi. Se assedio sarà, prepariamoci a resistere. La lotta sarà lunga, ma alla fine vinceremo noi perché noi lo facciamo per i nostri figli, loro solo per i denari e per il potere.