Gli schiavi bambini. Piccoli profughi siriani nelle fabbriche tessili turche. La prima parte dell’inchiesta di Valentina Petrini e Gabriele Zagni
Succede in Turchia, in quella Turchia che da anni preme per entrare nell’Unione Europea e cui la stessa Ue ha appena dato sei miliardi di euro per trattenere i migranti irregolari. Grazie a un notevole reportage di Valentina Petrini e Gabriele Zagni per PiazzaPulita, scopriamo una realtà da tempo denunciata da molte associazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani.
Nelle città turche più vicine al confine siriano le fabbriche di abbigliamento impiegano bimbi di appena otto anni in lavori pericolosi e senza alcuna tutela. Bambini in fuga dalla guerra civile siriana seduti per ore alla macchina da cucire o al banco per produrre scarpe da ginnastica poi rivendute nei nostri mercati a pochi euro.
Il mercato è fiorente perché la manodopera non manca e un bambino può costare fino a sette volte meno di un lavoratore adulto. Le telecamere del programma di Formigli smascherano un imprenditore turco che confessa candido “la polizia qui non entra”. Difficile stupirsi, considerando che il tessile rappresenta il 7% del Pil della Mezzaluna.
Peccato che questa ricchezza, almeno in parte, sia prodotta da bambini-schiavi con le mani blu per le tinture tossiche che sono costretti a maneggiare ogni giorno. Che mormorano: “Vorrei diventare dottore, ma ora devo mantenere la mia famiglia. Studierò alla fine della guerra.” il giornale