“Guai se gli inglesi voteranno il Brexit: devono restare al guinzaglio UE, cioè di Washington”

 

“Guai se gli inglesi voteranno il Brexit: devono restare al guinzaglio dell’Ue, cioè di Washington. Guinzaglio corto, rappresaglie contro chi “sgarra” e rotta di collisione contro le potenze mondiali che aspirano a una piena autonomia: la mia previsione è che la Russia e la Cina saranno presto di fronte a una decisione sgradita: accettare l’egemonia americana o andare in guerra“.

Cameron

Parole come sassi, ma non tirati da un estremista del Brexit, un infervorato paladino dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, bensì da Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan nonché editore associato del Wall Street Journal, il più importante quotidiano economico del mondo.

“Impossibile non citare il britannico Ambrose Evans-Pritchard, che sul “Telegraph” ricorda come la Cia, negli anni ‘50 e ‘60, abbia direttamente finanziato gli attori che avrebbero creato l’Unione Europea. Motivo: è più facile controllare un solo governo, quello di Bruxelles, piuttosto che molti Stati separati. Washington ha fatto un investimento a lungo termine nell’orchestrare l’Unione Europea, ed è per questo che Obama è appena andato a Londra per raccontare al sua cagnolino, il primo ministro britannico, che non ci potrebbe essere alcuna uscita britannica dall’Ue” afferma ancora Craig Roberts, che a leggerlo sembra si sentire parlare Matteo Salvini.

“Come altre nazioni europee – prosegue Craig Roberts su Information Clearing House – i britannici non sono mai stati autorizzati a votare per scegliere di essere pienamente sovrani o sottoposti all’Unione Europea. La natura oppressiva di leggi comunitarie irresponsabili e l’esigenza dell’Ue di accettare un massiccio numero di immigrati del terzo mondo hanno creato una grande richiesta per un voto britannico per decidere se rimanere un paese sovrano o di sciogliere il vincolo e rispedire a Bruxelles e le sue disposizioni dittatoriali”.

“In vista del fatidico 23 giugno – continua l’editore associato del Wall Street Journal – la posizione degli Usa è che al popolo britannico non deve essere consentito di decidere contro l’Ue, in quanto una tale decisione non è nell’interesse di Washington. Il lavoro di Cameron, dunque, è quello di spaventare gli inglesi con presunte gravi conseguenze dell’“andare da soli”. Lo slogan: la “piccola Inghilterra” non può stare in piedi da sola. Al popolo britannico viene detto che l’isolamento segnerà la sua fine, e il paese diventerà uno stagno archiviato dal progresso. Tutto accadrà altrove, loro saranno lasciati fuori. Ma attenzione: se la campagna di paura non riesce e il voto britannico sarà per uscire dalla Ue la questione aperta è se Washington permetterà al governo britannico di accettare l’esito democratico. In alternativa, il governo inglese potrebbe truccare le carte, raccontando di aver negoziato concessioni straordinarie”.

“Una cosa è certa: Washington non permetterà – scrive ancora Craig Roberts – agli inglesi di decidere liberamente: non devono essere autorizzati a prendere decisioni che non rispettano l’interesse di Washington. E’ lo stesso schema “egocentrico” grazie al quale gli Usa stanno trasformando in “minaccia” la Russia di Putin: flotte da guerra nel Baltico e nel Mar Nero, nonché basi missilistiche in Polonia vicino ai confini russi, con la volontà di incorporare Georgia e Ucraina in patti di difesa anti-russi.

Quando Washington, i suoi generali e i vassalli europei dichiarano che la Russia è una minaccia, significa che la Russia ha una politica estera indipendente e agisce nel suo proprio interesse, piuttosto che in quello di Washington”.

“La Russia diventa una “minaccia”, perché ha dimostrato la capacità di bloccare l’invasione filo-americana della Siria e il bombardamento dell’Iran. Nel mirino di Washington anche piccoli paesi come Iraq, Libia e Yemen. Motivo: avevano politica estera ed economica indipendenti, non avendo accettato l’egemonia statunitense. Persino il Venezuela, per Obama, è diventato «una minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti, quando il governo di Caracas ha messo gli interessi del popolo venezuelano davanti a quelli delle società americane”.

“Analogamente, la Russia è diventata “una minaccia” quando Mosca ha neutralizzato le aggressioni di Washingon ai danni di Teheran e Damasco, e quando ha impedito agli Usa di appropriarsi della base navale della Crimea dopo il golpe neonazista in Ucraina promosso dalla Cia. E’ assolutamente certo che la Russia non ha formulato minacce di alcun tipo contro i paesi baltici, la Polonia, la Romania, l’Europa o gli Stati Uniti – stigmatizza scrive Craig Roberts – . Così come è certo che la Russia non ha invaso l’Ucraina. Se l’avessero fatto, oggi l’Ucraina non sarebbe più lì: sarebbe tornata una provincia russa. E in effetti, anche se i media occidentali si guardano bene dall’ammetterlo, l’Ucraina appartiene alla Russia più di quanto le Hawaii appartengano agli Stati Uniti. Quanto alla Siria, quel paese esiste ancora, solo perché è sotto la protezione russa. Se davvero Cina e Russia fossero “una minaccia”, di certo non permetterebbero la proprietà straniera (cioè riconducibile alla Cia» di molti dei loro media: è americana la proprietà del 20% dei media russi, mentre in Cina operano 7.000 Ong finanziate direttamente dagli Usa”.

“Solo il mese scorso il governo cinese si è finalmente mosso, seppure molto tardivamente, per introdurre alcune restrizioni su questi agenti stranieri che stanno lavorando per destabilizzare il paese – aggiunge in questo straordinario articolo d’analisi, l’editore del Wall Street Journal -. Ma i membri di queste organizzazioni “a tradimento” non sono stati arrestati, sono stati semplicemente messi sotto sorveglianza della polizia. Una restrizione quasi inutile, dato che Washington può fornire montagne di denaro con cui corrompere la polizia cinese: Russia e Cina pensano forse che i loro poliziotti siano meno sensibili alle tangenti rispetto alla polizia americana e del Messico?

Parla da sola la sconfitta storica della guerra ai narcos: la “guerra alla droga” è una miniera d’oro per gli agenti messicani e statunitensi, sotto forma di mazzette. Altro che libertà: negli Stati Uniti, gli osservatori di verità sono perseguitati e imprigionati, o vengono liquidati come “teorici della cospirazione”, “anti-semiti” o “estremisti domestici”. Una distopia peggiore di quella descritta da Orwell. Per paura dei media occidentali, Mosca e Pechino permettono a Washington di operare nei loro media, nelle loro università, nei loro sistemi finanziari, mentre i “buoni” delle Ong si infiltrano in ogni aspetto della loro società”.

E questo incredibili atto d’accusa termina così: “Secondo Craig Roberts – russi e cinesi sono davanti a un bivio terribile: piegarsi allo Zio Sam o prepararsi alla Terza Guerra Mondiale”.

Redazione Milano IL NORD