Dopo aver trascorso una vita accanto a te non posso lasciarti andare alla casa del Padre senza salutarti. La casa del Padre era motivo per te di tante riflessioni che hanno dato corpo a ideologie erronee. Ma io non sono qui per farti scuola, ti conosco troppo bene e profondamente. Non sono mai stato un tuo amante, ma per tanti anni hai sedotto il mio cervello e forse ho visto in te e in tutto quello che ti circonda il mio nido e la mia famiglia.
Tu non mi hai mai stimato, se non per i risultati prodotti. Dal canto mio, mi spingevo sempre più oltre, per ricevere i tuoi assenzi o solo una pacca sulla spalla o un grazie e dare sempre di più. Tu sai che io non ho mai rubato. Sono stato uno dei tuoi tanti figli, ma l’unico che ti ha abbandonato.
Oggi ti guardo con altri occhi, con il cuore colmo di orrore se non piegherai le tue ginocchia e il tuo brillante cervello a Dio. Sono qui per chiederti di pensare quanto mi sia cara la tua anima, perché mi umili a implorarti di guardare la luce della morte nell’incontro con Cristo. Solo nella sua Chiesa c’è salvezza! Sapessi quante volte penso a Sergio Scanzani e spero che anche il suo ultimo pensiero sia stato “pietà di me Signore!”. Allora prego che Sergio sia in Purgatorio e mi unisco alle sue sofferenze per tentare di renderle meno atroci. Che Dio lo voglia!
Caro Marco, hai vissuto come hai creduto, ti chiedo di morire nella speranza. Vedi, non ho più nulla da difendere, neanche la mia dignità. Se non importa a Cristo, vuoi che importi a me? Sono pacificato con il mondo perché vivo la mia non appartenenza ad esso. Sento il tuo disprezzo e la tua indifferenza nei miei confronti. Ne sono felice! Sono felice di averti potuto scrivere e dirti ciò che nessuno vuole dirti: Cristo ci aspetta e perdona tutto ciò che mettiamo nelle sue mani. Non morire, ti prego, senza aver reso la tua vita nelle mani del confessore. Di qui c’è il tempo, di là c’è l’eternità. un abbraccio, con affetto.
Danilo Quinto – 9 maggio 2016 – Roma (Italia)