I familiari sono arrivati al cimitero di notte trasportando i cadaveri crivellati di pallottole. Uno ad uno, hanno sepolto in tombe anonime i corpi dei loro figli e fratelli. Sono di ex combattenti del sedicente Stato islamico (Is), tutti tunisini, che avevano attraversato il poroso confine per unirsi all’organizzazione di Abu Bakr al-Baghdadi in Libia. Emarginati anche nella morte.
A marzo erano tornati con altri estremisti tunisini per conquistare Ben Guerdane, uno snodo sulla rotta del contrabbando distante poche decine di chilometri dal confine libico. Decine di militanti morirono negli scontri con le forze di sicurezza. Almeno 10 erano cresciuti in quest’angolo della Tunisia sudoccidentale, ma solo otto sono stati sepolti nel cimitero locale. “Alcune famiglie si sono rifiutate di farlo”, ha spiegato un ufficiale della polizia.
Ben Guerdane è considerata l’incubatrice del jihadismo tunisino. Il fatto che non sia stata catturata dai militanti dell’Is è stata una vittoria per la Tunisia, ma l’attacco e le sue conseguenze ne hanno rivelato la fragilità, rivelando tutte le ambizioni dello Stato islamico. Il raid – un attacco sferrato su più fronti contro le forze di sicurezza tunisine – ha sollevato infatti il timore nelle autorità che i militanti siano alla ricerca di un rifugio sicuro nel Paese, sempre più bersaglio degli estremisti.
“E’ ormai chiaro che la Libia è una minaccia per noi”, ha affermato Mohamed Maali, capo del dipartimento anti-terrorismo della Tunisia. “Con i combattenti dell’Is sotto pressione in Siria, la nuova destinazione è la Libia, dove purtroppo non c’è alcuna autorità. Per loro, è il paradiso”.
I tunisini costituiscono il più grande contingente di foreign fighter (militanti stranieri) dell’Is in Siria e in Iraq. Ma con l’intensificarsi dei martellamenti degli aerei russi e statunitensi e la stretta sulle frontiere verso i due Paesi arabi, molti di loro vengono dirottati in Libia. Dall’ex ‘feudo’ di Gheddafi, il conflitto sempre più spesso ha allungato i suoi tentacoli sulla Tunisia, l’unica democrazia emersa dalle rivolte della ‘Primavera araba’.
E’ stato proprio lo Stato islamico a rivendicare i due sanguinosi attentati compiuti in Tunisia lo scorso anno: a Susa e al Museo del Bardo, nella capitale. Decine di persone, la maggior parte stranieri, sono state uccise da terroristi che si ritiene siano stati addestrati in Libia.
Centinaia di ragazzi hanno lasciato Ben Guerdane nel corso degli ultimi 30 anni per unirsi ai gruppi jihadisti in Iraq, Afghanistan e Bosnia, radicalizzati in parte da un regime repressivo, quello di Zine El Abidine Ben Ali, che perseguitava gli islamisti.
Le loro abilità in combattimento sono così apprezzate che Abu Musab al-Zarqawi, il defunto leader di al-Qaida in Iraq, un giorno disse: “Se Ben Guerdane si fosse trovata vicino a Falluja, avremmo liberato l’Iraq (dagli americani, ndr)”.
Dopo la rivoluzione del 2011, alcuni estremisti religiosi hanno approfittato delle nuove libertà e di un vuoto nella sicurezza per radicalizzare un’altra generazione di giovani. Secondo l’Onu, oltre 4mila tunisini hanno aderito allo Stato Islamico e ad altre fazioni armate in Siria e in Iraq. Altri mille, forse 1.500, sono andati a combattere in Libia. Molti dei militanti sono originari di Ben Guerdane.
Per capire perché ciò accade bisogna capire questa città dalle strade asfaltate, ma con interi campi trasformati in depositi per rifiuti. Qui non ci sono fabbriche, università, non c’è traccia di quello sviluppo economico visto nelle zone turistiche del nord. Ogni giorno, decine di giovani disoccupati siedono nei caffè o oziano agli angoli delle strade. Gli unici loro mezzi di sussistenza sono legati al traffico illecito di armi, carburante e beni di consumo da e per la Libia.
“A causa della povertà e dell’emarginazione i giovani di Ben Guerdane non hanno alcuna possibilità di restare qui”, ha affermato l’ex sindaco Salem Chouat. “Tuttavia possono incontrare i reclutatori dell’Is che gli promettono un sacco di soldi, automobili e una vita meravigliosa. Cosa ci si aspetta che facciano i giovani? La loro scelta è tra il contrabbando o l’Is“.
La località, nelle intenzioni dell’Is, sarebbe dovuta diventare la nuova Sirte: l’attacco è stato respinto, ma i jihadisti sono ancora una minaccia. Sono segnali sempre più inquietanti che indicano come il nord Africa stia diventando il nuovo baricentro dell’organizzazione terroristica. ADNKRONOS