Tra L’Aja e Bruxelles si gioca un tassello importante del caso marò. All’Aja è iniziata la battaglia legale del governo italiano presso la Corte Permanente di Arbitrato (Cpa) per far rientrare Salvatore Girone in Italia. Ma intanto a Bruxelles nel vertice Ue-India, il caso -da anni al centro di un braccio di ferro tra Roma e New Delhi- sarà in primo piano.
L’Italia vuole che Girone rientri in patria perché i tempi per il completamento della procedura arbitrale con l’India su a chi spetti la giurisdizione del caso marò saranno tutt’altro che rapidi. “Girone è obbligato a vivere a migliaia di chilometri dal suo Paese e dalla sua famiglia, con due bambini ancora in tenera età, privato della sua libertà”, ha ricordato l’ambasciatore italiano, Francesco Azzarello, argomentando la richiesta italiana di misure urgenti a tutela del marò italiano. Detenuto in India, ha ricordato il diplomatico, “senza che sia stato sottoposto ad alcuna incriminazione”, Girone rischia di rimanervi “per un totale di sette/otto anni”, con una conseguente “grave violazione dei suoi diritti”. “Gli si deve consentire di rientrare in Italia”, in attesa della decisione finale di questo tribunale, una decisione che, Azzarello lo ha ricordato chiaramente, potrebbe tardare ancora “tre/quattro anni”. Ma l’India ha già detto che la richiesta è “inammissibile” e che c’è il rischio che non torni più in India. Azzarello ha dato l’impegno solenne italiano a che entrambi i marò saranno restituiti all’India nel caso il Cpa ordinasse all’Italia di farlo.
In attesa che la Corte decida (e potrebbe tardare settimane), a Bruxelles il caso è in cima all’agenda dei colloqui tra il premier Narendra Modi e il vertice Ue (i presidenti di Commissione europea e Consiglio europeo, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, e il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini).
All’India converrebbe trovare una soluzione – almeno sul ritorno di Girone in Italia in attesa della fine dell’arbitrato – per superare il veto italiano all’ingresso di New Delhi nel prestigioso club “Missile Technology Control Regim” (Mtcr): un accordo tra 34 Paesi per la prevenzione della proliferazione di missili in grado di trasportare armi di distruzioni di massa fondato nel 1987 e di cui l’Italia è co-fondatrice. New Delhi, dopo la bocciatura italiana dello scorso anno (per entrare serve l’unanimità dei ‘membri), ripresenterà domanda di adesione alla prossima plenaria in programma a ottobre. Del caso, si parlerà proprio in apertura dei lavori, in cima elle questioni da discutere come “relazioni bilaterali”, e tra i primi punti di discussione. Gli ‘sherpa’ dovranno poi ‘limare’ la formula da usare nella dichiarazione finale. La conferenza stampa finale è stata strategicamente annullata proprio su richiesta del governo indiano, preoccupato da eventuali domande imbarazzanti. (AGI)