“Le cozze di Ravenna sono uno dei prodotti più pregiati per la loro qualità e per il loro sapore, vengono vendute a un prezzo superiore in media del 30% e si trovano nei migliori ristoranti da Roma a Napoli”. Lo dice all’Adnkronos Giovanni Fucci, presidente della cooperativa allevamento mitili in mare di Ravenna, replicando alle accuse lanciate nei giorni scorsi da Greenpeace a proposito delle cozze raccolte intorno alle piattaforme offshore dell’Eni in Adriatico che, secondo l’associazione ambientalista, conterrebbero sostanze nocive per la salute. I pescatori intanto hanno già contattato un avvocato per valutare se fare causa all’associazione.
“Innanzitutto Greenpeace non ha pubblicato il documento dell’Ispra ma ha interpretato i dati sulle analisi dell’acqua traendo la conclusione che anche le cozze sarebbero inquinate”, afferma Fucci, spiegando che i controlli negli allevamenti di mitili sono quasi quotidiani e vengono effettuati “sempre prima che le cozze arrivino sul piatto”.
“La raccolta e l’allevamento dei mitili è soggetta a precise norme sanitarie stabilite dalla Comunità Europea – continua Fucci – Sulla base di questi regolamenti i tecnici delle Asl ogni 15 giorni visitano gli allevamenti di mitili, anche intorno alle piattaforme offshore, prelevano campioni di cozze e le portano in laboratorio per le analisi”.
Non solo. Le Asl effettuano tre tipi di controlli: “C’è un’analisi batteriologica, per cercare tracce batteriologiche (Escherichiacoli e Salmonella) – spiega Fucci – analisi per biotossine (PSP, ASP, Acido okadaico, Yessotossine, Azasparacidi) e ogni 6 mesi analisi chimiche per rilevare la presenza di piombo, mercurio o cadmio”. E in quest’ultimo caso, “non è mai stato riscontrato il superamento dei valori stabiliti dalla Comunità Europea per il consumo umano” sottolinea il presidente della cooperativa allevamento mitili in mare di Ravenna.
A Ravenna la raccolta delle cozze viene fatta a mano, da una cinquantina di pescatori sub, che si appoggiano alle 8 barche delle due cooperative del posto.
I pescatori però ora stanno valutando se denunciare Greenpeace per il grave danno d’immagine che potrebbe mettere a rischio un alimento amatissimo e di alta qualità. “Gli ambientalisti hanno voluto creare il panico, ora stanno facendo marcia indietro ma – annuncia Fucci – i pescatori di Ravenna hanno già contatto un legale per valutare se ci sono gli estremi per una denuncia e una richiesta danni”. ADNKRONOS