Chiusi. Blindati. Tre giri di chiave, tapparelle abbassate, possibilmente rintanati sotto le copertine tiepide della mezza primavera. Se non siete di comprovata fede partigiana o antifascista o comunque se non venerate costantemente quella roba lì non potete uscire.
Matteo Salvini ne ha combinata un’altra delle sue: gli venuto in mente di organizzare una adunata anti renziana. E indovinate un po’ quando ha programmato l’evento, il mascalzone? Il 25 aprile. Siamo pure in un anno bisestile, aveva addirittura 366 giorni disponibili tra i quali scegliere. E invece no. Lui ha cerchiato in rosso sul suo calendario verde proprio il giorno della Liberazione.
Ovviamente – immagino come sperava lui stesso – è partito il riflesso condizionato: le vestali del 25 aprile hanno dato scomposti segnali di isteria. L’Anpi – che ormai, per evidenti motivi anagrafici, è diventata l’associazione nipoti dei partigiani italiani – è salita sulle barricate: giu le mani dal 25 aprile, roba nostra, Salvini non faccia il provocatore. Più o meno questo il senso delle parole dei nipotini dei partigiani. Parole che dimostrano ancora una volta quanto questa data sia stata privatizzata a uso strumentale da una parte politica.
Se il 25 aprile è la festa di tutti gli italiani – come vanno cianciando da anni – allora perché non consentire alla Lega di manifestare contro Renzi? Loro vogliono liberarsi da lui, a ragione o a torto. Non possono farlo? Allora si dimostrerà – una volta in più – che la festa della Liberazione è solo uno stanco rito di reduci – e nipoti – incattiviti dal passare degli anni e dall’emergere di altre verità storiche. Oppure chi non si genuflette al bacio della pantofola della retorica partigiana è bandito dalla pubblica piazza, inibito a qualunque altra manifestazione, blindato in casa? Che è l’esatto opposto, anche lessicale, della liberazione. Praticamente hanno occupato il calendario e sequestrato il 25 aprile.
Di Francesco Maria del Vigo – – Il Giornale