DI DARIO SARMADI
Uno studio recente ha stabilito che il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) rischia di cambiare in maniera radicale il modo in cui operano le piccole e medie aziende agricole attraverso un impiego maggiore d’ ingegneria genetica e di carne trattata con ormoni.
Gli agricoltori europei si trovano nel bel mezzo di una crisi, il latte a prezzi stracciati, piccoli proprietari terrieri in rovina e continue sanzioni dell’Europa alla Russia. Il colpo di grazia è all’orizzonte e potrebbe arrivare dall’incombente gigante del TTIP, il pianificato accordo di libero scambio tra EU e USA .
Se è vero che verranno uniformati gli standard dell’industria agricola alimentare tra i due blocchi commerciali, come sostengono i negoziatori da entrambi i lati dell’Atlantico, allora interi settori dell’agricoltura europea si troveranno seriamente minacciati.
“Nessuno è in grado di produrre alimenti come cereali a un prezzo inferiore degli Stati Uniti”, afferma uno studio sul TTIP, che sarà presentato ufficialmente domani, condotto da UnternehmensGrün, un’associazione ambientalista, e visionato da EurActiv.
Lo studio prevede l’uso dell’ingegneria genetica a livello locale, minori limitazioni e maggiori aree di produzione. “Gli agricoltori europei sono al momento economicamente più potenti…questo porterebbe al tracollo quasi automatico di alcuni settori dell’agricoltura europea.”
Attualmente il commercio e l’esportazione di prodotti agricoli e alimentari verso gli USA ammontano a circa 15 miliardi di euro con le importazioni a quota 8 miliardi. Sempre secondo l’analisi in questione, questa situazione rischierebbe di cambiare se e quando si negozieranno le trattative sul TTIP e quando verranno rimosse le imposte e le barriere non tariffarie, cosa che lascerà alle imprese americane accesso pressoché illimitato al mercato europeo.
Lo studio, che si basa su proprie analisi e ricerche condotte sulle piccole e medie imprese agricole, giunge alla conclusione che “Nella forma in cui è stato proposto, il TTIP rafforzerebbe la posizione delle grandi aziende agricole alimentari che già riescono ad aggirare le barriere commerciali dislocando i propri centri di produzione.”
Secondo i redattori del rapporto, l’Unione Europea non starebbe facendo gli interessi delle piccole e medie aziende, che rappresentano il 99% del mercato.
Un vantaggio competitivo per gli USA
Sempre secondo l’analisi condotta, le aziende agricole americane sono avvantaggiate non solo per dimensioni, ma anche per inferiori standard di consumo e di produzione.
Prendiamo come esempio l’ingegneria genetica: in Europa gli alimenti che contengono una quantità superiore a 0,9% di OGM devono riportarlo sull’etichetta, mentre in Canada e negli Stati Uniti la legislazione non lo prevede.
Il mercato americano ha un atteggiamento nettamente diverso verso gli OGM, considerati sicuri e quindi prodotti a un costo inferiore. Questo vantaggio sul prezzo obbligherebbe gli agricoltori europei a nutrire il proprio bestiame con prodotti OGM, cosa che non prevede la dicitura sull’etichetta.
Il rapporto sostiene che in questo modo le imprese che non fanno uso di OGM verrebbero letteralmente schiacciate dalla concorrenza. Oltretutto il governo tedesco ha, in fase di sviluppo, una legislazione che imporrebbe la dicitura OGM sull’etichetta per prodotti come latte, uova e carne, anche quando agli animali vengono somministrati cibi transgenici. Il varo di questa legge potrebbe venire ostacolato dal TTIP.
Ormoni pesticidi e cloro
Lo studio analizza le apparentemente insormontabili differenze tra il mercato europeo e quello americano, oltreoceano infatti si mira maggiormente ad alte prestazioni, esportazioni e alla produzione di massa, mentre da noi la produzione è su scala minore e rivolta al mercato interno.
Il divieto sull’uso degli ormoni della crescita impedisce l’importazione della maggior parte della carne americana, una misura volta a salvaguardare le aziende locali tradizionali, anche se da tempo l’industria americana della carne sollecita Washington ad eliminare questa restrizione all’interno dei negoziati sul TTIP.
Anche sulla questione dei pesticidi gli agricoltori americani sono avvantaggiati. I livelli residui di pesticidi autorizzati dalla legislazione americana sono 5.000 volte superiori ai limiti imposti dall’Europa, atteggiamento dovuto sicuramente a una diversa concezione del rischio alimentare. Intanto, nel 2015, la Commissione Europea ha proposto un aumento dei livelli residui dei pesticidi.
Va considerata inoltre la questione del pollo al cloro, diventata ormai un tema politico in voga che sottolinea ulteriormente il divario di criteri e requisiti delle due parti coinvolte.
E mentre i produttori europei sono obbligati a preservare l’igiene e la sicurezza degli alimenti per l’intera catena alimentare, i produttori americani impiegano additivi chimici come il biossido di cloro al termine della catena, per uccidere gli agenti patogeni nel pollame, un trattamento che secondo lo studio condotto sarebbe dispendioso e nocivo.
Agricoltura regionale minacciata
Secondo la ricerca svolta saranno il settore della carne, del latte e dei cereali a risentirne più di tutti. Un altro studio sul TTIP, condotto dal governo ungherese ma tenuto fermo per un anno, ha concluso che l’area di libero scambio metterà gli agricoltori regionali sotto forte pressione.
I mattatoi ungheresi di polli, bestiame e maiali saranno a rischio, così come i produttori di cereali e i viticoltori. Katharina Reuter, coautrice del rapporto sul TTIP, a capo di UnternehmensGrün, dichiara a EurActiv Germany che “la stessa cosa rischia di ripetersi su mercati maggiori come quello austriaco e tedesco”, prevedendo l’eliminazione del settore agricolo alimentare dal tavolo dei negoziati del TTIP.
Peter Pascher del DBV, il sindacato dei lavoratori tedeschi, non condivide le preoccupazioni degli oppositori del trattato e, in un intervista a EurActiv Germany, spiega che “il TTIP darà all’Europa la possibilità di accedere al mercato americano, e questo speriamo possa darle un nuovo impulso e aumentare la crescita dell’industria”
Prodotti come i formaggi francesi, le salse tedesche, la pasta italiana ecc., associati alla cosiddetta “Vecchia Europa” , sono di grande valore sul mercato americano. Sempre secondo Pascher “questo significa che più raffinato è un prodotto, maggiori possibilità di vendita ha oltreoceano.”
Il DBV è composto da 280.000 membri, cioè il 90% degli agricoltori tedeschi. Peter Pascher, responsabile della struttura dell’agricoltura e delle politiche regionali, vuole tutelare le aree “sensibili” dell’agricoltura europea, in linea con le disposizioni della già negoziata area di libero scambio tra Unione Europea e Canada, l’Accordo Economico e Commerciale Globale (CETA).
Pascher annuncia “Stiamo richiedendo un limite alle importazioni di carne bovina, suina e di pollame, principalmente a causa dei minori costi di produzione di cui godono gli Stati Uniti.” Egli non crede, tuttavia, che la produzione regionale sostenibile europea ne uscirà danneggiata.
Egli afferma inoltre che “Con il TTIP la produzione locale non ne risentirà, anzi in Germania è in aumento, infatti i consumatori americani apprezzano i prodotti con specifiche caratteristiche europee”.
Pascher conclude elencando i numerosi richiami all’indicazione e alla protezione geografica inclusi nella trattativa finale.
Associazione agricoltori “non rappresentata”
Katharina Reuter nutre forti dubbi sul fatto che il DBV abbia consultato bene i suoi membri in materia di TTIP prima di formulare le sue richieste: “Pare che in molti settori come quello dei prodotti caseari, l’associazione abbia smesso da tempo di salvaguardare gli interessi dei propri membri. La produzione su scala globale e il commercio come panacea non fanno gli interessi delle piccole e medie imprese.”
Il DBV gode dell’appoggio di un potente alleato come il governo tedesco, infatti il Ministero Federale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione rassicura affermando in continuazione che il TTIP non abbasserà gli standard dell’industria agricola alimentare.
Allo stesso tempo ha sottolineato il fatto che l’Europa dovrebbe saper sfruttare le opportunità offertale dal TTIP. Laddove l’accesso al mercato è attualmente bloccato dai sigilli rossi, l’esenzione dei dazi e l’uniformità delle misure potrebbero costituire un fattore di crescita.
Sul sito del ministero viene ripetuto che “Parallelamente alla riduzione delle imposte e di altre barriere commerciali, gli standard tedeschi ed europei saranno mantenuti.”
L’Europa perde tempo
Fin ad ora non sono state svolte molte ricerche riguardo i potenziali effetti del TTIP sull’agricoltura, eppure la maggior parte ha una visione pessimista per il futuro degli agricoltori europei.
Uno studio condotto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, che prende in considerazione tre possibili scenari conclude che, alla fine, saranno gli agricoltori americani a trarne profitto.
Un altro studio condotto nel 2014 per conto del Parlamento Europeo è giunto ad una conclusione simile: come risultato del TTIP, il valore dell’agricoltura nell’Unione Europea diminuirebbe dello 0,5% e aumenterebbe dello 0.4% oltreoceano.
Peter Pascher controbatte affermando che tutte le analisi sono state svolte prima del negoziato e della stesura finale del TTIP, quindi sulla base di ipotesi, ed invita i critici ad aspettare di vedere i risultati.
Dario Sarmdi .– counterpunch.org
Traduzione per comedonchisciotte.org a cura di MAYA D’AMICO