Paolo Bracalini per ‘‘il Giornale”
I barbieri della Camera, creature mitologiche che, per saper usare forbici e schiuma da barba, arrivano a guadagnare a fine carriera come un dirigente di una multinazionale, 136mila euro l’anno di stipendio. E, a differenza dei barbieri normali che si accollano il rischio di un negozio, se sulle loro poltrone non si siede nessuno per loro non cambia niente: sono assunti a vita dal Parlamento.
Ma c’è ancora di più, se i barbieri di Montecitorio si rivelano in eccesso rispetto alle esigenze delle onorevoli chiome, non vengono tagliati ma al contrario, promossi. Miracoli dell’incredibile welfare assicurato ai dipendenti della Camera, difesi da una dozzina di sigle sindacali differenti e pronti a scioperare al minimo segnale di affronto ai diritti acquisiti. Negli ultimi anni il Reparto Barberia ha ridotto gli introiti, 90mila euro circa a fronte di un costo di 500mila euro per il bilancio di Montecitorio, ovvero 400mila euro in perdita. Si calcola che taglino i capelli non più di 23 volte alla settimana, in tutto. Una soluzione andava trovata.
Ma l’Ufficio di presidenza della Camera, composto da ventun deputati e guidato da Laura Boldrini, dopo annunci mirabolanti di spending review anche per il Reparto Barberia della Camera (addirittura l’ipotesi di chiuderlo), si è dovuto piegare di fronte ai diritti intoccabili. E che piega. L’estenuante trattativa è finita a tarallucci e vino, con una delibera del massimo organo interno di Montecitorio che tiene aperto l’indispensabile servizio di barberia per gli onorevoli (esteso per pari opportunità, su indicazione della Boldrini, anche alle deputate come servizio di parrucchiere), con la differenza che i barbieri in servizio non saranno più sette, ma quattro.
E gli altri tre? Qui sta il colpo di genio. I tre barbieri in esubero da domani diventeranno «assistenti parlamentari». In altre parole verranno promossi, perché l’inquadramento dei barbieri alla Camera è quello di «operatore tecnico», livello più basso rispetto all’«assistente parlamentare», a cui si accede per concorso come per le altre qualifiche. E la funzione dell’assistente parlamentare è così descritta da un documento della Camera: «Gli assistenti parlamentari svolgono attività operative o di coordinamento nei settori della vigilanza, della sicurezza delle sedi, della rappresentanza e dell’assistenza alle attività degli organi parlamentari».
Ma che ne sanno i barbieri di vigilanza e assistenza alle attività degli onorevoli, tolte le esigenze collegate ai bulbi piliferi? Non importa. «Non potevamo fare altrimenti, non si possono licenziare – ci racconta un deputato membro dell’Ufficio di presidenza che preferisce restare anonimo – E quindi l’alternativa era tenere tutti i barbieri della Camera e pagarli inutilmente, o spostarne alcuni ad altre mansioni trasformandoli in assistenti parlamentari. Faranno i commessi, mica vanno a fare i consiglieri legislativi!». Tutti salvi e anzi promossi. In barba alla spending review.