Con il 2016 entrano in vigore le nuove norme europee sul cosiddetto ‘bail in’ (letteralmente salvataggio interno). Le nuove regole, previste dalla direttiva Brrd (acronimo che sta per Bank Recovery and Resolution Directive), impongono di gestire le crisi degli istituti di credito utilizzando risorse private evitando così che il costo dei salvataggi gravi sui contribuenti e sul deficit. In altre parole lo Stato non potrà più intervenire direttamente nei fallimenti delle banche.
Chi pagherà per primo – Come per tutte le imprese private, in caso di crisi o di fallimento saranno i “proprietari” della banca, ovvero gli azionisti, i primi a pagare. Il ‘bail in’ prevede infatti una serie di misure preventive della crisi e, se queste risultassero non efficaci, un meccanismo di gestione della crisi stessa, arrivando alla risoluzione della banca. Tutto il processo avviene sotto il controllo e l’ indirizzo delle Autorità di Risoluzione (Bce e Banca d’Italia).
Importante l’ordine di priorità di chi sarà chiamato a intervenire per salvare la banca. In caso di crisi, la procedura di risoluzione aggredirà per primo il capitale degli azionisti, ovvero dei ‘proprietari’, della banca che vedranno azzerarsi il valore delle loro azioni. Solo se il loro contributo non è sufficiente sono chiamati a intervenire i titolari di altre categorie di strumenti finanziari emessi dalla banca stessa secondo un ordine che incide sul rischio dell’investimento.
Titoli a rischio – La prima categoria di titoli ad essere aggredita sono le “azioni e altri strumenti finanziari di capitale”: attenzione quindi alle azioni di risparmio e alle obbligazioni convertibili in azioni emesse dall’istituto bancario in crisi. Solo quando si sarà azzerato il loro valore e questo non sarà sufficiente, si passerà ai “titoli subordinati senza garanzia”, attenzione quindi alle cosidette obbligazioni junior (quelle diventate famose con il crac delle quattro banche). Esaurita questa categoria di titoli, si passa ai “crediti non garantiti”, ad esempio le obbligazioni bancarie che – spiegano dall’Abi – pur non essendo nè subordinate nè strutturate (come le junior) non sono però garantite fra queste le obbligazioni senior insecured. Gli ultimi ad essere aggrediti sono i conti correnti superiori ai 100.000 euro delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese (per la parte eccedente ai 100.000 euro).
Strumenti per stare tranquilli – Il risparmiatore che volesse dormire sonni tranquilli da lunedì dovrà rivolgersi a un’altra serie di strumenti finanziari che resteranno integri in caso di salvataggio interno ovvero di “procedura di risoluzione” e che possono essere considerati sicuri. Innanzitutto sono garantiti (dal Fondo di garanzia dei depositi) i depositi fino a 100.000 euro (la cifra sale a 200.000 euro se il conto è cointestato con un altra persona perché la garanzia non riguarda il conto in sé ma è stabilita – spiega la guida Abi – per ogni singolo depositante). Questa protezione, che definiremmo “assoluta”, riguarda i conti corrente, i libretti di deposito, i certificati di deposito coperti dal Fondo di garanzia.
Salvi i depositi fini a 100 mila euro – Insieme ai depositi fino a 100.000 euro non saranno toccate le obbligazioni emesse dalla banca ma questa volta coperte da una garanzia ad esempio i covered bond che rientrano nelle obbligazioni senior. Garantite anche le cassette di sicurezza o i titoli detenuti nel deposito titoli (ovviamente se non emessi dalla banca in crisi). In questo caso si tratta di beni di proprietà del risparmiatore e la banca fa solo da custode. Tutelati anche i debiti verso i dipendenti, i fornitori, il fisco e gli enti previdenziali purché privilegiati dalla normativa fallimentare.
redazione TISCALI