“Ad oggi l’unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dell‘importazione di pescato, che ha superato il 76%, è rappresentato dall’acquacoltura che, invece, viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo”. Lo ha sottolineato il responsabile nazionale di Coldiretti Impresa Pesca, Tonino Giardini, oggi a margine di un convengo sul tema.
“Noi – ha aggiunto – abbiamo circa 1,2 persone impiegate per ogni impresa, quindi parliamo quasi di ditte individuali, e questo rappresenta un problema soprattutto perché le strutture sono piccole e non adeguate a fare quei lavori e trattamenti di prodotti che sono poi necessari per un mercato diverso”. Giardini si riferisce al fatto che “le abitudini dei consumatori stanno cambiando, c’è sempre meno tempo per stare dietro ai fornelli, e quindi il prodotto pronto diventa una necessità ma su questo segmento di mercato noi non ci siamo”.
Per Giardini “le ultime norme sulla tracciabilità aiutano, perché è stata introdotta una etichettatura nuova, completa, ma che i nostri operatori fanno fatica ad applicare”. “Per loro – ha rilevato – è un peso, ma potrebbe diventare una risorsa lungo andare perché andremmo a creare riconoscibilità nelle nostre produzioni”. Infine Giardini ha sottolineato che la “crisi del settore ittico si trascina da trent’anni e ha causato la perdita del 35% dei posti di lavoro e la chiusura del 32% delle imprese”. “Il settore – ha concluso – soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall’estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione”.(ANSA).
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