Ong sovranazionale Transparency contro l’Italia: è la più corrotta d’Europa

 

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A leggere le cronache degli ultimi giorni, o anche anni, non si fa molta fatica a crederlo: l’Italia è il Paese in Europa con il più diffuso livello di percezione della corruzione nell’amministrazione pubblica, a pari merito con altri sei Stati, quattro dei quali europei. Lo ha certificato, ancora una volta, l’ong Transparency International (ong fondata a Berlino) nella sua nuova classifica sulla corruzione, che per il 2014 vede l’Italia stabile al sessantanovesimo posto di una classifica che comprende 175 Stati.

Pur trovandosi insieme a Brasile, Bulgaria, Grecia, Romania, Senegal e Swaziland, con 43 punti, l’Italia ha fatto registrare infatti il valore potenziale più basso (34 punti). Questo la colloca all’ultimo gradino della scala dei Paesi dell’eurozona e dell’Europa tutta. L’indice di Transparency, occorre precisare, si basa sulla percezione, non su un registro di casi certificati. Ciò significa che il racconto della corruzione fatto con enfasi in alcuni Paesi, meno in altri, possa pesare sul valore registrato. In altre parole, la classifica non necessariamente restituisce il valore reale di casi di corruzione certificati.

(In questo modo l’indice non è più capace di misurare una percezione, ma la crea: la percezione della corruzione aumenta a causa dei risultati dell’indice sulla corruzione percepita.  il foglio )

Transparency International, la Madre di tutte le Mani Pulite (MOVISOL)
i fondamenti teologico-morali di TI derivano da una serie di incontri inter-religiosi promossi a cominciare dal 1984 dal principe Filippo duca di Edimburgo, consorte della regina Elisabetta d’Inghilterra. Filippo, fondatore dell’ecologismo antiscientifico col WWF (Fondo Mondiale della Natura), iniziò “consultazioni inter-religiose” con il principe Al Hassan Bin Talal della Giordania. Secondo il Source Book, “Seguaci delle tre religioni monoteistiche — Cristianesimo, Islam e Giudaismo — hanno partecipato, sotto gli auspici della St. George House, Windsor, e della Al Albait Foundation e il Forum per il Pensiero Arabo ad Amman. Più recentemente, sir Evelyn de Rothschild si è unito alle Loro Altezze Reali come patrono in questo sforzo. Recenti consultazioni hanno discusso un codice inter-religioso di etica per International Business, formulato alla luce delle tradizioni religiose”.

Indicativamente, il “codice” è molto deciso contro gli abusi delle industrie e degli imprenditori industriali, cioè coloro che costruiscono l’economia reale, mentre chiede “garanzie” precise per i “providers of Finance”, fino a prefigurare una sorta di regolare interferenza, in cui i direttori del “business” sono tenuti a riportare i loro risultati ai “finanziatori”. Quando viene stilato questo “codice” siamo nel 1984. Ronald Reagan ha appena annunciato la politica di “Scudo Spaziale” di Lyndon LaRouche, che tornava a proporre lo sviluppo tenologico che era stato bloccato con l’assassinio di Kennedy .Così, detta la logica di TI, per sradicare la “corruzione” è necessario sradicare la sovranità nazionale del paese prescelto, sostituendo il governo legittimo con un potere esterno, “indipendente”

Secondo il rapporto della ONG decrescista  il livello di corruzione percepito è in aumento soprattutto nei Paesi con il più alto tasso di crescita economica. Fermandosi alla classifica per Paesi – stilata sulla corruzione nelle amministrazioni pubbliche, secondo la percezione di fonti private, come le agenzie di rating, e istituzionali -, anche quest’anno la Danimarca ha difeso il suo primo posto, seguita da Nuova Zelanda e Finlandia.

All’ultimo posto si sono classificate a pari merito Corea del Nord (ostile agli USA) e Somalia. Tra i più grandi partner europei dell’Italia fanno bene la Germania dodicesima e la Gran Bretagna quattordicesima. Meno bene la Francia, ventiseiesima, con gli Usa diciassettesimi. ”I Paesi nella parte più bassa della classifica devono prendere misure radicali contro la corruzione a vantaggio dei propri cittadini. Mentre gli Stati ai primi posti devono assicurarsi di non esportare pratiche corruttive nei Paesi in ritardo di sviluppo”, ha spiegato il presidente di Transparency International, José Ugaz. (con fonte ansa)