Giovani, prepotenti e dediti alla piccola criminalità: molti ragazzi delle periferie metropolitane europee finiscono per far parte di una “gang di strada” e con i loro compagni crescono così, tra i palazzi di cemento. Nessuno poteva pensare, prima degli attentati di Parigi, che questo sarebbe diventato il “terreno fertile” dove coltivare e far crescere il terrorismo jihadista. I forein fighters passano dalle gang di strada al jihadismo con facilità e per molti di loro diventa quasi un destino.
A parlare del fenomeno è il quotidiano americano Washington Post, in un articolo che comincia raccontando la storia dell’adolescenza di Abdelhamid Abaaoud, il 28enne definito più volte la “mente” degli attacchi di Parigi del 13 novembre. Madre e sorella hanno raccontato ai giornali che il giovane non era un assiduo frequentatore di moschee e chi è cresciuto con lui per le strade di Molenbeek non lo conosceva certo per il suo spiritualismo. Abaaoud faceva parte di una banda chiamata “Papa Noel“, specializzata nei furti ai danni di turisti e negozi. Tanti i componenti e molti di loro si sono ritrovati poi a combattere nei territori occupati della Siria.
Non tutti i musulmani sono terroristi, ma tutti i musulmani sono jihadisti
Così si scopre che il terrorista di nuova generazione che è cresciuto e agisce in Europa, in realtà ha una specie di “doppia identità” in cui conviono devozione al Califfo e un passato da criminale di strada. Nello specifico Abaaoud, figlio di immigrati marocchini in Belgio, iniziò a frequentare il giro di “Papa Noel” molto presto e proprio per le sue attività criminali fu cacciato di casa all’età di 16 anni. Con il tempo poi si radicalizzò ma qui trovò i contatti per poter andare a combattere in Siria e iniziare a essere un vero e proprio miliziano.
I furti rimanevano però la sua specialità, tanto che al ritorno dal primo viaggio nelle terre del Califfo, decise di commetterne alcuni per poter finanziare un secondo viaggio in Siria assieme al fratello più piccolo di appena 13 anni, Younes. Tutti dettagli che emergono dall’inchiesta in corso a Bruxelles sugli attentatori di Parigi, che cerca di ricostruire il piccolo mondo in cui sono cresciuti e si sono radicalizzati.
“Questa correlazione con il mondo criminale non era un fattore presente con Osama bin Laden. In quel caso, c’era una certa dose di fondamentalismo” commenta, intervistato dal Washington Post, Mohammad Mahmoyd Ould Mohamedou, vice direttore del Centro per le politiche di sicurezza di Ginevra. “Queste connessioni non sono destinate a scomparire, anzi le considero come aspetti operativi dell’Is” aggiunge Peter Neuman, del Kings College a Londra.
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