Chi oggi ha 35 anni prenderà nell’intera vita pensionistica in media un importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella della generazione precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni. La simulazione arriva dall’Inps sulla base di un campione di circa 5.000 lavoratori nati nel 1980. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri.
Il dato tiene conto anche degli anni di percezione dell’assegno, quindi considera il fatto che i giovani di oggi avranno la pensione per meno anni rispetto ai genitori. Ci saranno probabilmente problemi di “adeguatezza” dell’importo.
Quando si analizzano gli importi di pensione – ha spiegato Boeri nel corso della presentazione del Rapporto Ocse ‘Pensions at a Glance 2015’ – ”bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati percepiti”. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell’età di vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo (perchè percepito per meno anni), ma anche il tasso di sostituzione medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%
”Si lavorerà più a lungo – ha detto Boeri – anche in rapporto alla speranza di vita. Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto degli anni di percezione” e ci saranno, a fronte di una crescita del pil all’1% e di possibili interruzioni di carriera, ”problemi di adeguatezza” dell’importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il reddito minimo, ci saranno ”problemi per chi perderà il lavoro sotto i 70 anni”. ANSA
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