Assistenza sanitaria negata. Lo denunciano sempre più cittadini, che si sentono ripetere troppo spesso la parola “rifiuto”, in particolare nell’erogazione di prestazioni del Ssn. E’ quanto emerge dalla 18.esima edizione del Rapporto Pit Salute “Sanità pubblica, accesso privato”, presentato oggi a Roma dal Tribunale per i diritti del malato -Cittadinanzattiva.
Su oltre 24 mila segnalazioni arrivate nel 2014 ai Pit salute nazionale e regionali e alle sedi locali del Tdm, un quarto (25%) riguarda le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie legate soprattutto a liste di attesa (58,7%) e ticket (31,4%). Ma a questi annosi problemi del servizio sanitario pubblico, si aggiunge ora quello del rifiuto delle prestazioni. Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria di base, aumentano le segnalazioni riguardanti il rifiuto di visita a domicilio (dal 23,3% del 2013 al 28,3% del 2014) e di effettuare prescrizioni (dal 17,8% del 2013 al 24,5% del 2014) da parte del medico di medicina generale.
Non solo. C’è chi dice no anche per i ricoveri: nel 37,9% delle segnalazioni (in crescita rispetto al 28,8% del 2013) si rifiuta il ricovero perché non ritenuto necessario visto che, secondo i medici, la prestazione può essere erogata dai servizi territoriali, che però non sono sempre in grado di offrirla. Mentre, in un 20% di segnalazioni, il ricovero viene rifiutato per tagli ai servizi (mancanza posti letto, chiusura reparti, accorpamenti presidi, scarso personale). E ancora, il 71,4% dei cittadini segnala la difficoltà di curarsi fuori regione, mentre il 28,6% di farlo all’estero. L’ostacolo maggiore è ottenere i rimborsi delle spese (55,9%) e l’autorizzazione da parte delle Asl (26,5%). Si nega anche l’accesso alla documentazione, con il 31,7% delle segnalazioni, anche a informazioni cliniche del paziente (cartella clinica e referti in primis).
“Esiste un problema di accesso alle prestazioni pubbliche – commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm Cittadinanzattiva – e cosa si fa? Si rinuncia nel 2016 all’incremento del Fondo sanitario di due miliardi, che avrebbe potuto eliminare il superticket di 10 euro, riportando il servizio sanitario pubblico a essere la prima scelta per i cittadini”.
“Con il Decreto appropriatezza e con la revisione del Prontuario farmaceutico nazionale – sottolinea – si riducono le prestazioni garantite dal Ssn, spostando ancora una volta i costi sulle famiglie. Appare chiaro quindi che il Servizio sanitario nazionale è considerato sacrificabile e i diritti anche. Con il Ddl sulla responsabilità professionale e la conseguente inversione dell’onere della prova sul cittadino, sarà ancor più complicato avere accesso al diritto al risarcimento del danno subito, scaricando sul soggetto più fragile il peso di dover dimostrare la dinamica dei fatti, pur sapendo che non ha gli strumenti per farlo”.