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All’ingresso della città di Aden, nel sud dello Yemen, giovani e giovanissimi vengono reclutati sul posto per rinforzare i posti di blocco. Le autorità di polizia stanno collassando in quello che è stato etichettato come il Vietnam dell’Arabia Saudita. Riad da marzo guida la coalizione internazionale contro i ribelli sciiti Houti che – appoggiati dall’Iran – ancora controllano gran parte del nord del Paese.
“La guerra ha distrutto tutto, compresi i servizi di sicurezza – dice Mohammed Musaed, capo della sicurezza di Aden – L’ex presidente, Ali Saleh, aveva costruito delle autorità a uso personale e quando è stato rovesciato le istituzioni si sono dissolte. Oggi ci affidiamo ai giovani della resistenza che lavorano con le forze di sicurezza, con la polizia e con gli altri residenti e si prendono cura della sicurezza”.
A Taiz l’ospedale non viene risparmiato dall’artiglieria. Nella terza città del Paese, nel 2011, la popolazione scese in piazza per la democrazia contro gli Houti. Oggi conta 1600 delle 5600 vittime provocate dalla guerra civile.
“La catastrofe non è, come si diceva un tempo, imminente. Ora siamo nel pieno di una vera e propria catastrofe. Il comparto sanitario è al collasso – dice il dottore Abdel Raheen al Saamee – Gli ospedali che non hanno ancora chiuso le porte ai pazienti, non sono più in grado di far fronte alle emergenze e di fornire adeguata assistenza chirurgica ai feriti di guerra”.
Da due mesi non si riesce a far entrare in città alcuna fornitura medica, mentre vicino Sanaa una bomba esplode in una moschea. Questa volta le parti sono invertite, gli Houti sono il bersaglio. Il bilancio delle vittime ancora indefinito. EURONEWS