Ammontano a oltre 160 miliardi di euro le perdite potenziali in derivati in Italia e sono pari a quasi il 10% del pil del Paese. Questi i datidi una analisi del Centro studi di Unimpresa sui pericoli derivanti dal peso della finanza speculativa in Italia sia nel settore pubblico sia nel settore privato.
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Rispetto al 2014, quando i derivati in perdita erano a 157 mld, si è registrato un aumento di 2 mld e mezzo dei titoli altamente speculativi con un incremento dell’1,66%. Nei conti dello Stato centrale ci sono derivati ‘in rosso’ per 31 mld, nei bilanci degli enti locali 1,1 mld, in quelli delle banche 144 mld, in quelli di fondi pensione e assicurazioni 5,6 mld, in quelli delle imprese 8 mld. Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, a giugno 2015 il totale dei derivati in perdita valevano 160,3 mld e corrispondevano al 9,80% del pil che a fine 2015 si dovrebbe attestare a 1.635,4 mld. Nel dettaglio, le imprese registrano derivati in perdita per 8 miliardi, le banche per 144,07 mld, le assicurazioni e i fondi pensione 5,7 mld, lo Stato centrale 31,3 mld le amministrazioni territoriali (comuni, province, regioni) 1,1 mld.
A giugno 2014 l’ammontare degli derivati in perdita era a quota 157,6 mld pari al 9,75% del pil che nel 2014 si è attestato a 1.616,3 mld. Nel dettaglio, le imprese registravano derivati in perdita per 7,5 mld, le banche per 109,3 mld, le assicurazioni e i fondi pensione 5,4 mld, lo Stato centrale 34,2 mld e le amministrazioni territoriali (comuni, province, regioni) 1,1 mld. “Quasi dieci anni di crisi hanno insegnato poco e lasciano il segno, paghiamo un conto salatissimo, quello della scelta di aver scommesso troppo sulla finanza e pochissimo sull’economia reale” commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi
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