Augusto Parboni per “Il Tempo”
Anche i giornalisti adesso rischiano di entrare a far parte della maxi inchiesta «Mafia Capitale». Per la prima volta in Italia e in Europa sono stati denunciati in blocco tutti i giornalisti che si sono occupati dell’indagine che ha portato in cella decine e decine di persone in meno di un anno. Il motivo? Hanno raccontato ai lettori nel dettaglio il lavoro svolto dalla procura di Roma. Per alcuni, però, forse in maniera troppo dettagliata, tanto da convicerli ad andare in procura e depositare un esposto contro 78 giornalisti e 18 direttori di testate nazionali.
A chiedere al procuratore capo Giuseppe Pignatone di valutare il comportamento dei giornalisti sono stati gli avvocati della Camera penale di Roma, che da giorni stanno contestando, tra l’altro, le decisioni prese dal Tribunale in merito al processo che inizierà il prossimo 5 novembre: da una parte il calendario (quattro udienze a settimana fino a luglio), dall’altra invece la scelta di trasferire il dibattimento nell’aula bunker di Rebibbia e di utilizzare la videoconferenza dalle carceri dove sono detenuti gli indagati.
Secondo i legali, dunque, c’è stata «la plurima violazione del divieto di pubblicazione degli atti di un procedimento penale nella fase delle indagini preliminari». Un esposto del genere, dunque, non era mai stato presentato in nessuna procura. Al documento, depositato il 24 settembre scorso, sono stati allegati anche tutti gli articoli pubblicati tra il 3 e il 9 dicembre 2014 (appena scoppiato lo scandalo) e il 5 e 6 giugno (giorni in cui sui quotidiani sono stati riportati (nel dettaglio) gli ulteriori arresti nell’ambito dell’inchiesta «Mafia Capitale».
«La procura non procederà contro i giornalisti, ma un freno va messo», ha detto l’avvocato Francesco Tagliaferri, presidente della Camera penale di Roma, che ha firmato l’atto insieme al collega Giovanni Pagliarulo. «Il giudice non può leggere gli atti prima sui giornali – continua il presidente – molti documenti infatti non entreranno neanche nel dibattimento. Il diritto di cronaca va bene, però va coniugato con le norme esistenti».
Nel mirino dei legali, quindi, le intercettazioni, le ordinanze di custodia cautelare, i verbali di interrogatori pubblicati in quei giorni. «Trattasi di divieto che opera anche quando sia venuto meno i cosidetto “segreto interno” (la conoscenza dell’atto da parte dei destinatari dello stesso) – scrivono i penalisti – essendo previsto a tutela della corretta formazione della prova in dibattimento, dunque della neutralità cognitiva del giudice». Il 5 novembre, comunque, in aula insieme agli imputati ci saranno anche i giornalisti per raccontare minuziosamente il processo.