“La censura sarebbe il rimedio alla violenza online nei confronti delle donne”
Non è un buon momento per la reputazione delle Nazioni Unite, scrive ANTIPLOMATICO
Dopo l’imbarazzo di aver assegnato all’Arabia Saudita – un Paese che ha decapitato più persone dell’ISIS – la presidenza del Gruppo Consultivo del Consiglio dei Diritti Umani, l’Onu ora vuole spiegare ai governi del mondo come censurare Internet.
Giovedì, la Commissione per lo Sviluppo Digitale delle Nazioni Unite ha chiesto un’azione globale che freni l’ondata di violenza online nei confronti delle donne e delle ragazze, ribattezzata Cyber VAWG. La relazione conclude che le molestie on-line sono “un problema di proporzioni pandemiche”. Problema, tra l’altro, già conosciuto.
Le Nazioni Unite passano poi a proporre radicali cambiamenti ai governi e ai social network, offrendo una visione del tutto nuova di come Internet potrebbe funzionare.
Secondo la legge degli Stati Uniti – la legge che, non a caso, governa la maggior parte delle più grandi piattaforme online del mondo – intermediari come Twitter e Facebook in genere non possono essere ritenuti responsabili per ciò che le persone fanno tramite loro, ma le Nazioni Unite hanno proposto che i social network controllino ogni profilo e post, e che le agenzie governative concedano la “licenza” solo a chi accetta di farlo.
Le persone vengono perseguitate on-line, e la soluzione è censurare tutto? Notevole, commenta ironico Michael Krieger sul suo blog
“Come dovrebbe realmente funzionare, non si sa; il rapporto è vago. Ma il documento suggerisce ripetutamente che i social network hanno bisogno di rafforzare i regimi anti-molestie e che i governi devono farli rispettare.
Verso la fine del report, la commissione delle Nazioni Unite conclude che “organi politici e di governo devono usare la loro prerogativa di licenza” per proteggere meglio i diritti umani e delle donne, concedendo le licenze solo a “quelle compagnie”, che “supervisionano i contenuti e la loro diffusione. ”
Questo rapporto delle Nazioni Unite non ci trova concordi, ahimè: le sue proposte più modesti sono irrealizzabili. Possiamo educare le persone sulla violenza di genere o insegnare “cittadinanza digitale” nelle scuole, ma convincere i social a sorvegliare tutto ciò che i loro utenti postano è quasi impossibile.
Se siamo fortunati, forse il capo della polizia religiosa saudita (sì, ne hanno uno), che si è scagliato contro Twitter un paio di anni fa, sarà disponibile a dirigere il progetto, conclude Krieger.