di Mary Tagliazucchi – il giornale
In Italia c’è una parola che non passa mai di moda. Spreco. Nel nostro Paese si spreca su tutto: sanità, opere pubbliche, gestione finanziaria, costi della politica, pubblica amministrazione, spese per la difesa e quant’altro.
Non stupiamoci quindi se il nostro è anche il Paese delle “Case Famiglia”, dalle stime oltre 1800 strutture distribuite da Nord a Sud. Lazio, Emilia Romagna,Sicilia, Lombardia sono quelle che raggiungono numeri più consistenti tra le 250 e le 300.
Sono quasi 30mila i minori fuori dalle loro case d’origine. Tra cui 1626 sono bambini al di sotto dei sei anni.
I bambini e i ragazzi ospitati in queste comunità costano dai 70 ai 120 euro al giorno. Gli istituti laici o religiosi sono pagati dai Comuni, ovvero con soldi pubblici. L’erogazione di questa retta prosegue per tutta la permanenza del bambino. Un giro d’affari che si aggira intorno ad un miliardo di euro all’anno. Presenze invisibili i cui genitori diventano le istituzioni. Alcuni entrano in queste comunità da neonati e, non di rado ci restano fino alla maggiore età.
I servizi sociali, i tribunali e le sentenze (a volte date con troppa superficialità) sono il loro pane quotidiano.
Queste strutture di accoglienza ricevono chi è stato allontanato dai genitori naturali o non li ha proprio mai conosciuti. Su cinque minori solo uno di solito viene assegnato (dai tribunali), in adozione o affido alle famiglie che ne fanno richiesta. Al momento sono oltre 10.000 le coppie in perenne attesa di un figlio in adozione.
Ma si sa, un bambino assegnato ad una coppia è una retta in meno che entra nelle casse di queste comunità. Viene quindi da pensare che sia più comodo tenersi un minore il più a lungo possibile. Ovvio poi che a questo ci si aggiungono altri fattori come le consuete e tipicamente italiane, lungaggini burocratiche-giudiziarie. Un’altra nota dolente infatti sono i tribunali che non riescono a seguire tutte le pratiche. Solo a Milano, ogni anno si accumulano 6mila fascicoli relativi a famiglie disagiate con a carico un minore.
Tutto questo continua ad accadere nonostante le casse di molti Comuni siano vuote, mentre le case famiglia sono in continuo aumento. Il problema principale è l’assenza di un monitoraggio. Pochi sanno cosa succeda in queste strutture . Solo in rari casi e grazie alla sensibilità di qualche assistente sociale molte verità vengono portate alla luce. Purtroppo sembra esserci un’importante falla su chi e come vigila su questi istituti. Esistono molti enti e associazioni no profit, ma nessuno è in grado di fornire numeri precisi, esatti. Almeno al momento.
Altro dato importante e non trascurabile: la necessità di rendere pubbliche le modalità con cui vengono utilizzati i fondi. Fondi presi dai soldi pubblici, i nostri soldi. Per il cibo, il vestiario, gli psicologi e altre attività annesse.
In molti per essere più competitivi abbassano la rata giornaliera (a 30/40 euro) per far confluire nella propria struttura più minori. Così facendo si perde completamente il motivo per cui i ragazzi sono li. La loro permanenza infatti va gestita con cura e con un unico obiettivo: trovagli una nuova collocazione familiare. Non tenerlo per anni, lì.
E purtroppo come molte volte le cronache hanno riportato, prima di lasciare queste strutture, molti bambini ormai adolescenti sono usciti da queste strutture con delle storie che non hanno niente a che fare con l’accoglienza. Tutt’altro.
Ma non vogliamo certo generalizzare. Come dicono alcuni esperti ci sono anche strutture che funzionano ed operatori sociali eccellenti. Nonostante questo e visto che le cause maggiori di allontanamento a volte sono soprattutto le difficoltà economiche delle famiglie d’origine.
Non sarebbe meglio lasciare questi minori con i propri genitori? Il contributo dato alle comunità per ogni bambino di 79 euro (calcolando per ogni mese e ciascun minore) lo Stato paga dai 2.130 ai 2.970 euro. Una somma questa che potrebbe sostenere i nuclei familiari in difficoltà con il vantaggio di non avere spese aggiuntive. Ma fino ad oggi come ci è sembrato di capire si sceglie la via più drastica, portare via i bambini.
Sarebbe interessante andare a verificare se sono gestite dalle cooperative.